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ANTONIO OTTOBONI.
I1
Padre, e Signor, ch’a’ Figli tuoi con tanto
Zelo soccorri ne’ perigli estremi,
Ed oro non risparmi, e preci, e pianto,
Perchè il barbaro Trace o ceda, o tremi:
5Quando con dotta man scrivesti, e quanto
Opraro i tuoi caratteri supremi,
Lo sa l’Egèo, lo sa Corcira, accanto
Di cui fur vani i bronzi d’Asia e i remi.
Or colla saggia mente, e col consiglio
10Mediti a riparar l’urto secondo,
Ch’alla Fè portar possa altro periglio.
Sei base, o gran Clemente, eguale al pondo:
Sei Padre, e al cenno tuo serve ogni Figlio:
Sei del gran Dio figura, e salvi il Mondo.
II
Inganni son le vanità, che a i lumi
Del misero Mortal sembran tesori;
Titoli, dignità, porpore, ed ori
Son foschi lampi, e luminosi fumi.
5Anch’io credei di farmi eguale a i Numi
Dell’Adria, e del Tarpeo co i primi onori:
Ma de’ passati efimeri splendori
Appena or vedo i languidi barlumi.
Alma, degli error tuoi prova più chiara
10Tu vai cercando ancora? e ancor ti fidi?
Deh che sia Mondo a proprio costo impara.
Son già tutti per te gli asili infidi;
L’onda dolce del Tebro è fatta amara,
E l’Adria in scogli ha convertito i lidi.
- ↑ Alla Santità del Nostro Signore Papa Clemente XI.