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     10Guarda, appressando al vetro una pupilla,
     Questo a fibra per fibra atro mio cuore:
Guarda con fronte impavida e tranquilla
     Se alcuna, cui dia moto il santo amore,
     Scorgi di sangue in lui picciola stilla.


IV1


Quando lasciò del suo Ticin la sponda,
     Su cui l’estinto Maggi egra piangea,
     Qui giunse ove il real mio Fiume inonda,
     Clio lagrimosa e in guisa tal dicea:
5Or che cercando io vò quella feconda
     Virtù, che nel mio Carlo albergo avea;
     Chi per pietà m’insegna, ove s’asconda
     Quest’alta di valor gentile idea?
Io, che posava allor su queste amene
     10Piagge, lieto pensando al tuo bel canto,
     Che il Mincio più sonoro a render viene.
Sul Mincio, io dissi, a un nuovo Carlo accanto
     Vaane, e colà ritroverai quel bene,
     Che cerchi. Andò la Musa, e terse il pianto.


V


Tosto, Ireno, a prender vanne
     Non le reti e non il vischio,
     Ma le uguali al grave rischio
     Fulminose e ferree canne:
5Chiama il fier mastino, e fanne
     Sin ch’ei vien, l’usato fischio;
     Sciogli poi quel di pel mischio
     Bravo Corso, e andianne, andianne.
Testè il Lupo uscìo di selva,
     10E in quel fosso ancor s’appiatta:
     Deh uccidiam l’ingorda belva.
Che se va di fratta in fratta,
     E a sua voglia si rinselva,
     Addio Greggia; ella è disfatta.

  1. In Morte di Carlo Maria Maggi.