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V
Qualora il tempo alla mia mente riede,
In cui la cara libertà perdei,
E volse i lieti giorni in tristi e rei
Amor, che nel mio sen tiranno siede;
5Tento disciorre allor da i lacci il piede,
E trar d’affanni l’alma mia vorrei,
Ripensando all’orror de’ pianti miei,
E quale ho del servir cruda mercede.
Così, quando Ragion l’armi riprende,
10Meco risolvo, e di giust’ira accesa
Sveller tento lo stral, che il sen m’offende.
Ma il tento invan, poichè quel Ben ch’ha resa
Serva l’anima mia, se un guardo tende,
Vinta rimango, e non ho più difesa.
VI
Non so per qual ria sorte, o qual mio danno
Cangiasse Amor lo stato, in ch’io vivea,
Allor che in pace i giorni miei traea,
Scarca dal peso d’ogni grave affanno.
5Pria mi sembrò cortese, ed or tiranno
Fa crudo strazio di mia vita rea:
Ei mostrar volle in me quanto potea
L’arte crudel d’un lusinghiero inganno.
Ond’io son giunta a tal, che al mio peggiore
10Lassa acconsento, e in mezzo a’ miei tormenti
Chieder non so ragion del suo rigore.
Anzi vuol quel crudel, ch’io mi contenti
Del proprio male, e al misero mio core
Nè pur l’antica libertà rammenti.
VII
Questo è il faggio, o Amarilli, e questo è il rio
Ove Tirsi, il mio Ben lieto solea
Venir alle fresch’ombre, allor che ardea
Con maggior fiamma il luminoso Dio.