230Il Ciel co i venticelli a lui ridea:
Oh memoria soave, oh lieti giorni!
A lambirgli la Tigre i piè correa,
E danzando Natura a Ciel sereno
All’Uom d’intorno, Amor, Amor, dicea. 235Allor fu la stagion, cha noi nel seno
Caro sedeasi, e senza fiele Amore,
Quand’era l’Aspe ancor senza veleno.
Ma poichè l’Uom (ahi crudo ingrateocuore!)
Di gloria eguale a Numi ambìo gli acquisti, 240Non ben contento del secondo onore;
Tu voragini allora, o Terra, apristi,
T’armasti, o Ciel, di lampi e di saette:
Ahi memoria delente, ahi giorni tristi!
D’unghie la Tigre, e d’ira armala stette, 245Anzi fu l’Uom all’Uom Tigre; e Natura
Da tutt’i corpi suoi chiamò vendette:
E vendette rispose, e entrò in congiura
L’Abisso, e di laggiù fur visti uscire
Le febbri, i morbi, e l’atra Morte oscura 250Ma, perchè l’Alma non potea morire,
Amor, ch’erà nei cuor soave e grato
Io, disse, eseguirò l’aspro martire.
Così coll’altre passion armalo,
Rubello alla Ragion, che il resse in pria, 255Restò crucio e castigo all’Uomo ingrato.
L’Alma allora imparò morir che sia;
Nè morir solo, ma morire ogni ora:
Dolce era se una sol volta morìa.
Questi, o Alessi, è l’Amor, ch’il tutto infiora,, 260Amor, che dolce impiaga e dolce accende;
E dà pace così, ch’ognun ne mora.
So, che Ragion talor l’armi riprende,
E spinge Amor da’ frali oggetti e bassi
Al Ciel, dond’a lui poi gioja discende. 265Ahi ma non tutti han piume onde al Ciel vassi,
E noi restiam quaggiuso in carcer negra,