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r2Ó III - ALESSANDRO SEVERO

Son figlio, si, ma ancora
son cesare di Roma e sono Augusto.
Tutto deggio alla madre,
ma non mai la viltá di esser ingiusto.
Giulia. Grazie al ciel, la tua destra
ciò che nega il tuo cor giá mi concesse.
Ripudiata è Sallustia; e tu la carta
segnasti del ripudio.
Alessandro. Io... quando? O Dei!
GIULIA. (mostrando it memoriale sottoscritto)
Qui tu scrivesti. Or fremi, e fremi invano.
Piú non mi turba il tuo mal nato amore,
né il tuo ingiusto cordoglio.
Questo è il ripudio, e tu segnasti ’l foglio.
(parte)

SCENA IX

Alessandro, poi Sallustia.

Alessandro. Destra rubella al cor, che mai facesti ?

Perché, perché scrivesti?
Sallustia. Sol pur ti trovo, o caro. Io questo attesi
fortunato momento
per poterti abbracciar... ma che? tu sfuggi
il casto abbracciamento e taci? e piangi?
Forse non m’ami piú? Parla, rispondi!
Alessandro. Dirò... la madre... il foglio,
dal talamo... dal soglio...
ah, dirti non poss’ io,
se non che sei ’l cor mio,
dolce mia sposa.
Madre crudel,
perché volermi tòr
moglie tanto fedel
tanto amorosa?