Pagina:Zeno, Apostolo – Drammi scelti, 1929 – BEIC 1970951.djvu/227

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Se ne arridono i fati, avrem qui vita,

se ne ricusan vita, avrem sepolcro.
Ne’ regni della morte
entro a cercar la vita.
Due volte, o padre forte,
la vita a te dovrò,
se questa rivedrò luce gradita.
Eleno. (ad Astianatte)
E tu perché t’arretri? Il luogo sdegni?
Astianatte. Il luogo onoro, del mio padre albergo,
ma schivo di celarmi e il tengo a vile.
Eleno. 1 magnanimi spirti
deponi e quelli abbracia
che ti dá il caso.
Astianatte. Ah, noi farebbe il padre.
Eleno. Se fuggi aver con lui comun soggiorno,
l’altro, che giá ubbidí, sará il suo figlio.
Astianatte. Tomba del padre mio, dunque ricevi
il tuo Astianatte. Oh scellerato Ulisse! (entra)
Eleno. Freno appena le lagrime. Giá torno
a rimettere il sasso e chiudo il varco.
(rimette il sasso al luogo di prima e chiude la sepoltura)

SCENA V

Andromaca, Eleno.

Andromaca. Se non posso il mio figlio, almen ch’ io vegga

la pietra che lo chiude.
Eleno. Ah, tu qui ancora!
Può tradirti il timor. Va, piangi altrove!
Andromaca. Chi teme da vicin, suol temer meno.
Eleno. A fronte avrai lo scaltro Ulisse. Eh, parti!
Andromaca. Lo star lungi m’uccide. A’ miei tormenti
lascia un respiro.