Pagina:Zeno, Apostolo – Drammi scelti, 1929 – BEIC 1970951.djvu/234

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Eumeo. Con qual arte instrutti

li ha la femmina scaltra!
Ulisse. Oh figlio ! oh figlio !
Mi ributta ciascun. Natura ingiusta,
o piú taci o piú parla.
Eumeo. O me cieco fin or ! Metti in riposo
l’alma agitata. Alla reai tua tenda
si scortino.
Ulisse. Ubbidite.
Asti an att e. Al destin, non a te.
Telemaco. Che sará mai?
(Astianatte e Telemaco partono seguiti dalle guardie)
Ulisse. Eumeo, tu mi lusinghi.
Eumeo. La superba al tuo piè cadrá fra poco,
ma pietade in tuo cor non abbia loco.
Pianti e preghi porgerá,
chiome e gote straccerá,
madre misera e dolente;
non lasciarti impietosir.
Pensa a Grecia e pensa a te;
vuol vendetta, impegno e fé
che tu faccia il giá crescente
tralcio infesto inaridir.

SCENA II

Ulisse e poi Andromaca.

Ulisse. Spesso travede e facili si finge

le fortune il disio. Ma il grande arcano
meglio forse a costei trarran dal seno
scaltre lusinghe.
Andromaca. A me che chiede Ulisse?
Ulisse. Eh, non d’Ulisse il cenno,
smania, affetto, timor qui trae la madre.