Pagina:Zeno, Apostolo – Drammi scelti, 1929 – BEIC 1970951.djvu/235

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Andromaca. O il piacer che ho in mirarti

quel turbamento in fronte.
Ulisse. Senti, Andromaca: usarti
voglio pietá. Mostrami il figlio mio
pria che altronde il conosca, e il tuo ti rendo.
Andromaca. Temo Ulisse e i suoi doni.
Ulisse. Ti pentirai di non aver creduto.
Andromaca. E se parlo, avrò fede? Io, che cotanto
giá t’ingannai, posso ingannarti ancora.
Ulisse. Non importa. L’inganno
mi trarrá d’incertezza. Ambo in tal guisa
almeno avremo un figlio.
Andromaca. Nel men nimico il cerca, o nel men forte.
Ulisse. Odian del pari Ulisse e minacciati
ambo ridon di morte.
Andromaca. Or vedi, Ulisse,
ciò ch’io feci per te. Cotesto figlio,
che conoscer non puoi, d’esserlo ha sdegno,
perché ha troppa virtú. Chi l’ha nutrito
sradicò da quel core
i semi della nascita. Gli apprese
a non esser mendace,
diffidente, crudel. Tutto gli fece
disimparare il padre e degno il rese
d’esser d’Ettore figlio o di parerlo.
Ulisse. De’ nuovi oltraggi, o donna,
ben mi vendicherò nel tuo Astianatte.
Andromaca. Riconoscilo prima, e poi minaccia.
Ulisse. Quando al figlio tuo vedrai
sovrastar ruina e morte,
che dirai ?
Andromaca. Il dolor mi ucciderá.
Andromaca. Ma se poi tu scorgerai
te deluso e me piú forte,
che farai ?
Ulisse. Il rossor mi opprimerá.