Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/160

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134 pensieri (37-38)

moribondo, o vero non solo desiderarla, ma non dolersene, consolarsene non piangerne amaramente, è ragionevole e barbaro; e come barbaro e snaturato, cosí anche contrario ai principii della religione.  (38)


*   Non so se si possa far cosa piú dispiacevole altrui quanto ad uno che v’abbia fatto un dono splendido offrirne goffamente un altro molto inferiore, col che si viene a mostrare di stimar poco quel dono comparandolo con quello che si presenta quasi fosse atto a compensarlo, e di credere che il dono ricevuto si sia già compensato sgravandosi dell’obbligo della gratitudine; e il donatore, che nel donarvi si compiaceva in se stesso aspettandosi da voi e la cognizion del benefizio e la gratitudine, quantunque dovesse essere anche necessariamente e prevedutamente infruttuosa, si vede nell’atto della sua maggior compiacenza privo del premio del suo sacrifizio, e di piú senza potersene lagnare, se non altro fra se, cosí altamente e generosamente come possono quelli che trovano ingratitudine. La qual frustrazione di speranza, dopo un sacrifizio e forse anche uno sforzo fatto per conseguirla effettivamente, produce nell’uomo un senso disgustosissimo.


*   Uomini singolari che si siano distinti, o data opera, o per sola natura, o, com’è infatti, se non altro piú comune, per l’una e per l’altra maniera, dall’universale dei loro contemporanei nelle operazioni, vita, istituto, metodo, ec. ci furono anticamente, e ci sono stati ultimamente, e ci saranno stati in tutte le età; ma è una cosa curiosa l’osservare la differenza dei tempi nella misura della differenza tra i costumi di questi uomini singolari e quelli de’ contemporanei. Giacché Rousseau, per esempio, e l’Alfieri sono passati in questi ultimi tempi per uomini singolari, quanto passarono un tempo in Grecia Democrito, Diogene ec. e gli altri tanti filosofi che durarono anche in Roma