Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/313

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(179-180) pensieri 285

quando arriviamo a conoscerlo, non perciò dobbiamo stimare che la natura ci volesse cosí curiosi, né che questi piaceri sieno naturali, né che l’uomo naturale ne avesse gran vaghezza o non sapesse benissimo contenersi in questo desiderio, né per conseguenza che l’infelicità dell’uomo fosse necessaria, e provenga dalla natura assoluta dell’uomo, quando proviene dalla nostra rispettiva e corrotta. Perché molte circostanze che hanno sviluppato in noi questa o quella qualità non erano volute dalla natura, e provengono dall’uomo e non da lei. Del resto, atteso la detta teoria de’ piaceri particolari, potrebbe anche essere che l’idea dell’infinito, la maraviglia e qualcuna delle cose piacevoli che ho annoverate come tali, a cagione solamente dell’inclinazione nostra al piacere, fossero piacevoli anche indipendentemente da questa; e la ragione fosse l’arbitrio della natura, come negli altri piaceri. Mi sembra però che la ragione della loro piacevolezza sia bastantemente spiegata nel modo che ho fatto, e che tutti i loro accidenti possano cadere sotto quelle considerazioni.


*   L’infinità della inclinazione dell’uomo al piacere è un’infinità materiale, e non se ne può dedur nulla di grande o d’infinito in favore dell’anima umana, piú di quello che si possa in favore dei bruti, nei quali è naturale ch’esista lo stesso amore e nello stesso grado, essendo conseguenza immediata e necessaria dell’amor proprio, come spiegherò poco sotto. Quindi nulla si può dedurre in questo particolare dalla inclinazione dell’uomo all’infinito e dal sentimento della nullità delle cose; sentimento non naturale nell’uomo, e che perciò non si trova nelle bestie, come neanche nell’uomo  (180) primitivo, ed è nato da circostanze accidentali che la natura non voleva. E il desiderio del piacere essendo una conseguenza della nostra esistenza per se, e per ciò solo infinito e com-