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310 | pensieri | (975-976-977) |
* La scrittura dev’essere scrittura e non algebra, (976) deve rappresentar le parole coi segni convenuti; e l’esprimere e il suscitare le idee e i sentimenti, ovvero i pensieri e gli affetti dell’animo, è ufficio delle parole cosí rappresentate. Che è questo ingombro di lineette, di puntini, di spazietti, di punti ammirativi doppi e tripli, che so io? Sto a vedere che torna alla moda la scrittura geroglifica, e i sentimenti e le idee non si vogliono piú scrivere ma rappresentare; e non sapendo significare le cose colle parole, le vorremo dipingere o significare con segni, come fanno i cinesi, la cui scrittura non rappresenta le parole, ma le cose e le idee. Che altro è questo se non ritornare l’arte dello scrivere all’infanzia? Imparate, imparate l’arte dello stile, quell’arte che possedevano cosí bene i nostri antichi, quell’arte che oggi è nella massima parte perduta, quell’arte che è necessario possedere in tutta la sua profondità, in tutta la sua varietà, in tutta la sua perfezione, chi vuole scrivere. E cosí obbligherete il lettore alla sospensione, all’attenzione, alla meditazione, alla posatezza nel leggere, agli affetti che occorreranno, ve l’obbligherete, dico, con le parole e non coi segnetti, né collo spendere due pagine in quella scrittura che si potrebbe contenere in una sola pagina, togliendo le lineette, e le divisioni ec. Che maraviglia risulta da questa sorta d’imitazioni? Non consiste nella maraviglia uno de’ principalissimi pregi dell’imitazione, una (977) delle somme cause del diletto ch’ella produce? Or dunque non è meglio che lo scrittore, volendo scrivere in questa maniera, si metta a fare il pittore? non ha sbagliato mestiere? non produrrebbe egli molto meglio quegli effetti che vuol produrre scrivendo cosí? Non c’é maraviglia dove non c’é difficoltà. E che difficoltà nell’imitare in questo modo? Che difficoltà nell’esprimere il calpestio dei cavalli col trap trap trap, e il suono de’ campanelli col tin tin tin,