Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
(557-558-559) | pensieri | 61 |
Dacché il monarca non fu piú o eleggibile o bene scelto, la monarchia divenne il peggiore di tutti gli stati. Perché un uomo veramente perfetto per quell’incarico essendo raro da principio, rarissimo in seguito, com’era possibile che senza una scelta accurata si potesse trovare quest’uomo rarissimo, capace del principato? Com’era possibile che (558) l’azzardo della nascita o di una scelta parimente, si può dir, casuale, perché diretta da tutt’altro che dal vero, si combinasse a cadere appunto in quest’uomo sommo e quasi unico, difficilissimo a trovare anche mediante la piú matura considerazione e cura? Tanto piú che la corruzione della società esigeva allora in un perfetto principe maggiori e piú difficili qualità che per l’addietro: cosí che non solo il buono era piú straordinario di prima, ma inoltre un principe che sarebbe stato perfetto una volta, non era piú sufficientemente perfetto per allora.
La perfezione dunque del principe, cosa essenziale alla monarchia, non fu piú né considerata, né possibile, né effettiva, e non entrò piú nell’ordine della società. E siccome, oltre che la perfezione era rarissima, il principe era tale in forza non della perfezione, ma del caso, perciò egli poteva non solo non essere il migliore, ma anche il peggiore degl’individui; e ciò non solo per accidente, ma anche perché la natura della sua condizione, il potere, l’adulazione ec. contribuivano (559) positivamente, definitamente e necessariamente a farlo tale.
Da che dunque il principe fu cattivo o non perfetto, la monarchia perdé la sua ragione, perché non poteva piú corrispondere al suo scopo, cioè al ben comune. L’unità restava, ma non il di lei fine; anzi l’unità, invece di condurre al detto fine, era un mezzo di allontanarlo e renderlo impossibile. Cosí anche la società, perduta la sua ragione e il suo scopo, cioè il comun bene, tornava ad essere inutile e dannosa, con