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(1438-1439-1440) | pensieri | 161 |
l’influenza delle feste popolari sulle nazioni è somma, degnissima di calcolo per li politici, utilissima quando risveglia gli animi alla gloria, colla rimembranza, e la pubblica e solenne celebrazione e quasi proposizione de’ grandi esempi ec.
Non è però da credere che (1439) questa sí degna istituzione debba la sua origine al cristianesimo. Né l’epoca del cristianesimo, epoca nella quale il mondo incominciava, si può dire, per la prima volta a sentire la mancanza della vita, la noia, il nulla e la morte, era capace di produrre una istituzione tutta di vita, una istituzione energica, fonte di grandezza, sprone all’attività ec. Bensí è doloroso che di questa istituzione anteriore assai al cristianesimo, che la imitò e la ricevé dal mondo antico, non resti oggi altro che le feste religiose, essendo del tutto abolite e perdute le nazionali.
Giacché le feste che si chiamano onomastiche de’ principi ec. o quelle d’incoronazioni, o anniversarie di dette incoronazioni ec. ec. non sono né popolari, né nazionali, né utili a nulla. Non sono materialmente popolari, perché per lo piú non si stendono fuor delle corti o almeno fuor delle capitali, si limitano a cerimonie di etichetta, non hanno niente di vivo, di entusiastico ec. Non sono spiritualmente popolari, cioè nazionali, perché la festa di un principe vivo, non è festa della nazione, la quale o (1440) non si cura di lui o probabilmente l’odia o l’invidia o lo biasima in cento mila cose; o per lo meno è del tutto indifferente sul conto suo, e quasi estranea al suo principe, o a’ suoi subalterni. E quando anche il principe fosse, che oramai non è possibile, il padre e il benefattore del suo popolo, quando anche fosse amato dalla nazione, com’era Enrico IV fra’ principi sovrani o Sully fra’ ministri ec., la festa di un uomo vivo e potente, non essendo né potendo mai essere scema d’invidia, non è festa nazionale, perché questa richiede che tutta