Pagina:Zibaldone di pensieri III.djvu/196

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182 pensieri (1474-1475-1476)

l’eccesso contrario che al mezzo. Ed è molto piú facile, conseguente e naturale , per la forza e la qualità di un’indole eccessiva, il saltare dall’uno all’opposto estremo che il recarsi e fermarsi nel mezzo ec. ec (9 agosto 1821).  (1475)


*   Confrontando le lingue spagnuola, francese e italiana, si trovano molte proprietà principalissime ed essenziali, che sono comuni a tutte tre. Or queste essendosi formate massime quanto al principale e fondamentale, l’una indipendentemente dall’altra, è necessario il dire che le dette proprietà derivino da un’origine comune, e questa non può esser che il latino, e s’elle non si trovano nel latino scritto, dunque vengono dal volgare. Né si può dir che derivino dal latino corrotto de’ bassi tempi, perchè, come ho detto, egli si corruppe diversamente e indipendentemente secondo i luoghi ec., e le lingue che nacquero dal latino nacquero separatamente e quasi in diverse parti. Quindi l’uso degli articoli e de’ segnacasi, uniformi appresso a poco anche materialmente nelle tre lingue; l’uso de’ verbi ausiliari pure uniformi, cioè essere e avere (eccetto che lo spagnolo non adopra essere), si debbono considerare come propri del volgare latino. Cosí l’uso del verbo finito colla particella che (franc. e spagn. que) in vece dell’infinito ec., del qual costume  (1476) si hanno indizi anche nel buon latino (cioè del quod ec). e molto piú frequenti nel barbaro. I greci ebbero pur sempre lo stesso uso (ὄτι).

Quelle proprietà poi, o parole ec. ec., che non appartengono se non a questa o quella delle tre lingue e che non si ponno riferire ad alcuna origine conosciuta, ponno esser vestigi delle antiche lingue nazionali estinte poi dalla latina. Ma ciò piú difficilmente potrà supporsi in quanto appartiene alla lingua italiana ec. E in ogni modo queste tali proprietà,