Pagina:Zibaldone di pensieri III.djvu/224

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210 pensieri (1522-1523)

tutto relativo. Lasciando le infinite altre cose dove la debolezza sconviene e dispiace, osservate che agli uomini piace nelle donne la debolezza, perché loro è naturale, alle donne negli uomini la forza e l’aspetto di essa. Ed è brutta la forza nelle donne, come la debolezza negli uomini. Se non che talvolta giova al contrasto e dà grazia (ma perché appunto è straordinario, cioè non conveniente) un non so che di maschile nelle donne e di femminile negli uomini (18 agosto 1821).


*    Gli argomenti ch’io tiro dalla considerazione della grazia, in ordine al bello, sono giusti e giustamente dedotti; e si può argomentare dalla  (1523) grazia al bello o viceversa; e le teorie dell’uno e dell’altra comunicano e dipendono scambievolmente, hanno principii comuni ed elementi comuni e son quasi due rami di uno stesso tronco; e ciò in questo senso. Il bello è convenienza, la grazia un contrasto, cioè una certa sconvenienza, o almeno un certo straordinario nelle convenienze. Se dunque la sconvenienza è relativa, lo è anche la convenienza; se dunque la grazia è mutabile, se ciò ch’é grazia per l’uno, non lo è per l’altro ec. ec. ec., tutto ciò si dovrà pur dire del bello. Cosí anche viceversa. E se la tal cosa ad altri pare straordinaria nelle convenienze, ad altri no ec. ec. ec., dunque l’idea della convenienza è relativa. Io posso pertanto cavare indifferentemente le mie ragioni sí dall’esame della grazia come da quello del bello, per mostrare che quella o questo non è assoluto, e per qualunque altro scopo di simil natura ec. Dalla grazia si può dunque argomentare alla bellezza, per una ragione e in un modo simile a quello in cui dal brutto si argomenta al bello, e dalla teoria dell’uno risulta quella dell’altro; e cosí accade in tutti i contrarii (19 agosto 1821).