Pagina:Zibaldone di pensieri III.djvu/27

Da Wikisource.
(1221-1222-1223) pensieri 13

delle antiche filosofie) e, quel ch’é notabilissimo nel nostro proposito, sempre piú chiara e certa nelle sue nozioni e determinata, abbia  (1222) i suoi termini stabili e universalmente uniformi, massime in tanta uniformità e stretto commercio d’Europa; quando anche le vecchie, informi ed oscure, incerte, mal determinate e sciocche filosofie che s’insegnavano nelle scuole, ebbero la loro nomenclatura stabile e universale, fuor di cui non sarebbero state intese in nessuna parte d’Europa, benché tanto meno uniforme ed unita fra se. Di questi termini dell’antica filosofia, di questi termini scolastici universalmente adoperati nei bassi tempi e fino agli ultimi secoli, abbonda la lingua italiana. E perché ebbero la fortuna d’essere usati da’ nostri vecchi, perciò questi termini, quantunque derivati da barbare origini e appartenenti a scienze che non erano scienze, si chiamano purissimi in Italia; e i termini dell’odierna filosofia, derivati dalla massima civiltà d’Europa, appartenenti alla prima delle scienze, e questa condotta a sí alto grado, si chiamano impurissimi, perché ignoti agli antichi; quasi che a noi toccasse il venerare e il conservare e non lo scusare per l’una parte, per l’altra discacciare l’ignoranza antica. E che l’ignoranza de’ passati dovesse esser la misura e la norma del sapere dei presenti.  (1223)

Se dunque l’odierna filosofia, quella filosofia che abbraccia, per cosí dire, tutto questo secolo, tutte le cose e tutte le cognizioni presenti, ha e deve avere i suoi termini costanti ed uniformi in qualunque luogo ella è trattata, noi dobbiamo adottarli ed usarli e conformarci a quelli che tutto il mondo usa. E non è piú tempo di cambiarli e formarci una nomenclatura filosofica italiana, cioè cavata tutta dalle fonti della nostra lingua. Questo avrebbe potuto essere, se la massima parte dell’odierna filosofia fosse derivata dall’Italia. Ed allora le altre nazioni senza veruna