Pagina:Zibaldone di pensieri III.djvu/357

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(1741-1742-1743) pensieri 343

tusiasmo, né di fecondità, né di forza d’animo, né di passione; ma non credetti d’essere eloquente, se non dopo letto Cicerone.  (1742) Dedito tutto e con sommo gusto alla bella letteratura, io disprezzava ed odiava la filosofia. I pensieri di cui il nostro tempo è cosí vago mi annoiavano. Secondo i soliti pregiudizi io credeva di esser nato per le lettere, l’immaginazione, il sentimento, e che mi fosse al tutto impossibile l’applicarmi alla facoltà tutta contraria a queste, cioè alla ragione, alla filosofia, alla matematica delle astrazioni, e il riuscirvi. Io non mancava della capacità di riflettere, di attendere, di paragonare, di ragionare, di combinare, della profondità ec.; ma non credetti di esser filosofo se non dopo lette alcune opere di Madama di Staël.

Grandissime e importantissime osservazioni si possono fare intorno alle facoltà le piú energiche, attive e feconde, che paiono affatto innate e in effetto non son prodotte (gli altri dicono sviluppate) se non dalle letture e dagli studi e dalle circostanze diverse, anche contro l’espettazione e la stessa decisa inclinazione che l’uomo aveva contratta e supponeva innata in se stesso.  (1743)

Certo è che siccome il maggiore o minor talento non è che maggiore o minore assuefabilità e adattabilità di organi, cosí il gran talento, in qualunque genere splenda, è suscettivo di splendere in tutti i generi. Se non lo fa, ciò deriva dalle pure circostanze che determinano la sua applicazione e il suo gusto. E siccome tutti gli uomini sommi in qualsivoglia genere di coltura spirituale furono e sono dotati di gran talento, cioè gran capacità mentale, però è certo che, per esempio, il gran poeta può essere anche gran matematico, e viceversa. Vedi p. 1753. Se non lo è, se il suo spirito si determinò ad un solo genere (che non sempre accade), ciò è puro effetto delle circostanze.