Pagina:Zibaldone di pensieri III.djvu/363

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(1752-1753-1754) pensieri 349

l’infinitesima parte del genere umano). Ovvero da una premessa evidente e infallibile fanno dipendere una minore, che, secondo il comune degli uomini, o non vi ha niente che fare o contraddice alla maggiore o a quella minore, che, secondo il comun senso, inevitabilmente risulta dalla maggiore ed è anche l’unica che ne risulti (cosí dico della maggiore rispetto alla minore o alla conseguenza). Cosí pure dalla conseguenza risaliranno a una maggiore o una minore affatto contraria o disparata o ad ambedue le premesse di tal natura. Questo è ciò che forma le teste storte (quante sono  (1753) le dritte?) che non si persuadono co’ piú palpabili raziocinii; che sono quasi affatto esenti dalla forza della ragione e del senso comune e indipendenti dagli stessi fondamentali principii del ragionamento; che all’improvviso ti scappano d’un fianco con una conclusione tutta contraria alle premesse, non già per ostinazione, ma per intima persuasione e per dettame del loro raziocinio, e perché il loro senso, la loro facoltà di ragione è fatta cosí (20 settembre 1821).


     Alla p. 1743, margine. Infatti è cosa giornalmente osservabile e osservata, che l’uomo di vero talento, applicato a cose per lui nuovissime, aliene ancora dalle sue inclinazioni, occupazioni ordinarie, assuefazioni ec., riesce sempre meglio degli altri; capisce i discorsi appartenenti alle professioni, discipline, cognizioni ec. le piú lontane dalla sua; entra in tutti i raziocinii ben fatti; si capacita senza molta fatica di qualunque affermazione o negazione vera, sufficientemente spiegata, di qualunque probabilità o parere opportuno; discuopre facilmente le convenienze, (1754) i rapporti ec. o i loro contrarii, nelle cose a lui meno familiari ec. ec. Insomma il carattere di un vero talento, in qualunque genere esso si distingua (o quantunque non si distingua in nessun genere), è sempre quello di una capacità generale di mente. Siccome