Pagina:Zibaldone di pensieri IV.djvu/154

Da Wikisource.
142 pensieri (2273-2274)

essendo innato nell’uomo e nel vivente l’odiare gli altri viventi e massime i compagni; non è schivabile per quanta cura si voglia mai porre nel soddisfare a tutti colle opere, colle parole, colle maniere e nel ménager e cattivare e studiare e secondare l’amor proprio di tutti. Laddove il disprezzo verso gli altri non è punto innato nell’uomo: bensí egli desidera di concepirlo e lo desidera in virtú dell’odio che porta loro; ma dipendendo esso dall’intelletto e da’ fatti, e non dalla volontà, si può benissimo impedire. Tutti questi effetti sono maggiori oggidí di quello che mai fossero nella società, a causa del sistema di assoluto e universale e accanito e sempre crescente egoismo, che forma il carattere del secolo (22 dicembre 1821).


*    Alla p. 2225, margine. Orazio, l. IV, Od. 13, v.22 sino al fine dell’ode:  (2274)

          .... Sed Cynarae breves
     Annos fata dederunt,
         Servatura diu parem
     Cornicis vetulae temporibus Lycen,
     Possent ut iuvenes visere fervidi,
         Multo non sine risu
         Dilapsam in cineres facem
                          (22 dicembre 1821).


*    Se tu prendi a leggere un libro qualunque, il piú facile ancora, o ad ascoltare un discorso il piú chiaro del mondo, con un’attenzione eccessiva e con una smodata contenzione di mente, non solo ti si rende difficile il facile, non solo ti maravigli tu stesso e ti sorprendi e ti duoli di una difficoltà non aspettata, non solo tu stenti assai piú ad intendere, di quello che avresti fatto con minore attenzione, non solo tu capisci meno, ma se l’attenzione e il timore di non intendere o di lasciarsi sfuggire qualche cosa è propriamente estremo, tu non intendi assolutamente nulla, come se