Pagina:Zibaldone di pensieri IV.djvu/274

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262 pensieri (2473-2474-2475)

che un giovane della detta natura e del detto abito deve, entrando nel mondo, sperimentare e piú presto e piú fortemente degli altri la scelleraggine degli uomini e il danno della virtú, e rendersi ben tosto piú certo di qualunque altro della necessità di esser malvagio e della inevitabile e somma infelicità ch’é destinata in questa vita e in questa società agli uomini di virtú vera. Perocché gli altri, non essendo virtuosi o non essendolo al par di lui, non isperimentano tanto né cosí presto la scelleraggine degli uomini, né l’odio e persecuzione loro per tutto ciò ch’é buono, né le sventure di quella virtú che non possiedono. E sperimentando ancora le soverchierie e le persecuzioni degli altri, non si trovano cosí nudi e disarmati per combatterle e respingerle, come si trova il virtuoso.  (2474) Insomma, il giovane di poca virtú non può concepire un odio cosí vivo verso gli uomini, né cosí presto, com’é obbligato a concepirlo il giovane d’animo nobile. Perché colui trova gli uomini e meno infiammati contro di se e meno capaci di nuocergli e meno diversi da lui medesimo. Per lo che, non arrivando mai ad odiare fortemente gli uomini, e odiarli per massima nata e confermata e radicata immobilmente dall’esperienza, non arriva neppure cosí facilmente a quell’eroismo di malvagità fredda, sicura e consapevole di se stessa, ragionata, inesorabile, immedicabile ed eterna, a cui necessariamente dee giungere (e tosto) l’uomo d’ingegno al tempo stesso e di virtú naturale (13 giugno 1822).


*    Diciamo tutto giorno in volgare, venir voglia a uno d’una cosa, venirgli pensiero, talento, desiderio, ec. ec.: vedi la Crusca e i dizionari francesi e spagnuoli. Or chi ardirebbe di dir questo in latino? Chi non lo stimerebbe un barbaro italianismo o volgarismo? Or ecco appunto una tal frase parola per parola nel poema piú perfetto del piú  (2475) perfetto ed elegante poeta