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Pagina:Zibaldone di pensieri IV.djvu/308

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296 pensieri (2537-2538-2539)

contrario del nostro) e dati per modello. Il che dimostra ad evidenza che il gusto del cinquecento nella lingua era quello ch’io dico, che s’apprezzava come elegante una lingua diversa dalla loro, e che sempre si disprezza la lingua attualmente corrente nella nazione. per bellissima ed ottima ch’ella sia.

3o, Per lo stile, per la imitazione de’ classici latini o greci indipendentemente dalla lingua. Questo studio era comune ai buoni prosatori, come anche poeti, del cinquecento. Ed avendosi allora gran gusto e inclinazione per il classico, si stimavano e ricercavano le prose scritte nello stile e ad imitazione e colle forme degli antichi classici, benché la lingua non piacesse gran fatto. E questa è una delle ragioni per cui si faceva conto anche delle lettere piú familiari e d’ogni bagattella e schediasma, anche degli scrittori non celebri, con tutto che fossero scritte nella lingua del  (2538) secolo e si raccoglievano con diligenza che ora sarebbe ridicola e si stampavano ec., benché di niunissima importanza nelle cose. Perocché quasi tutti, o certo moltissimi, scrivevano allora in buono stile, essendo divulgatissimo lo studio de’ veri classici. Di piú questo medesimo, benché spettasse allo stile, pur essendo cosí strettamente uniti lo stile e la lingua, dava alle prose, come anche alle poesie, del cinquecento un sapor d’eleganza indipendente dalla lingua in se.

4,o Perché molti (e questo fu vero e principal pregio del cinquecento, ed a cui fu dovuto il perfezionamento della nostra lingua) si studiavano anche di accostare e di modellare non solo lo stile ma anche la lingua italiana sulla latina e greca, in quanto lo potea comportare la sua natura. Questo fu comune alla massima parte de’ veri buoni scrittori del cinquecento, massime prosatori. E questo li rendeva eleganti anche presso i contemporanei.  (2539) Ma questa eleganza veniva non da altro che dal pellegrino (cioè dal latino e dal greco), benché quegli scrittori volessero