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Pagina:Zibaldone di pensieri IV.djvu/358

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346 pensieri (2632-2633-2634)

medesime. Laddove i moderni ne sono incomparabilmente piú ricchi (come Luciano, Longino, ed anche piú i piú sofistici e di peggior gusto, e i piú pedanti; rispetto, per esempio, ad Isocrate, Senofonte ec) ed hanno in esse radici molto piú di comune fra loro. Ma quanto ai composti o derivati fatti da quelle radici che sono familiari a ciascuno di loro, niuno scrittor greco è povero, né scarso, né troppo uniforme. Ma, quando mai sarebbero piú poveri in questa parte i piú moderni, che i piú antichi. Certo sono piú timidi e servili, ed attaccati all’esempio de’ precedenti, e parchi e ritenuti e guardinghi e cauti nella novità. La qual novità, quanto alle voci, non può consistere in greco se non se in nuovi composti o derivati (5 ottobre 1822).  (2633)


*   Dalle suddette cose si può conoscere che l’immensa ricchezza della lingua greca non pregiudicava alla facilità di scriverla, e quindi non s’opponeva alla sua universalità, non essendo necessaria piú che tanta ricchezza (o usata o conosciuta e posseduta) non solo per iscrivere e parlar greco, ma eziandio per iscriverlo e parlarlo egregiamente; e bastando poche radici per questo; poiché restavano liberi i composti all’arbitrio dello scrittore, o quando anche non restassero liberi, infiniti composti e derivati portava seco ciascuna radice, onde lo scrittore pratico di poche radici veniva subito ad avere una lingua molto sufficiente a tutti i suoi bisogni. Il che scemava infinitamente la difficoltà che si prova nelle lingue, perché un vocabolario sufficientissimo  (2634) allo scrittore o parlatore si riduceva sotto pochi elementi e procedeva da pochi principii ossia radici, e quindi era molto piú facile ad impararlo ed impratichirsene, che se esso, senza essere niente maggiore, avesse contenuto tutta la lingua, ma fosse proceduto da piú numerose e diverse radici. Tutte queste circostanze, siccome quelle notate nel pensiero pre-