Pagina:Zibaldone di pensieri IV.djvu/409

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(2722-2723-2724) pensieri 397

pianta che piú non vegeta, non possono ricevere accrescimenti; e tutto quello, che a lor riguardo si può fare da noi, si è di serbarle diligentemente nello stato in cui sono; perciocché in esse ogni alterazione tende a corrompimento. Al contrario le lingue che sono vive vegetano tuttora e possono crescere di piú in piú; e in esse le piccole mutazioni che si vanno facendo di tempo in tempo non sono segnali certi di corrompimento; anzi sono talora di sanità e vigoria. E però coloro i quali non vorrebbon che i nostri scritti avessero altro sapore che di Trecento nocciono alla lingua, perché si sforzano di ridurla alla condizione di quelle che sono morte, e, in quanto a loro sta, ne diseccano i verdi rami, sicch’ella non possa, contro all’avviso d’Orazio, piú vestirsi di nuove foglie. Quest’autore vivea pure nel secol d’oro  (2723) della lingua latina, e nel tempo in cui essa era nel suo piú florido stato: e tuttavia perch’ella era ancor viva, egli pensava ch’essa potesse arricchirsi vie maggiormente e ricevere nuove forme di favellare». Nota dell’Abate Colombo alle Lezioni sulle Doti di una cólta favella con una non piú stampata sullo stile da usarsi oggidí ed altre operette del medesimo autore (cioè dell’Abate Colombo), Parma per Giuseppe Paganino, 1820 (ediz. 2a delle tre prime Lezioni e delle altre operette, fuorché d’una). Lezione IV, Dello Stile che dee usare oggidí un pulito Scrittore, p. 96 (antepenultima delle Lezioni), nota a (25 maggio, domenica della SS. Trinità, 1823).


*   I pedanti che oggi ci contrastano la facoltà di arricchir la lingua, pigliano per pretesto ch’essa è già perfetta. Ma lo stesso contrasto facevano nel cinquecento quand’essa si stava perfezionando,  (2724) anzi nel momento ch’ella cominciavasi a perfezionare, come fece il Bembo, il quale volea che questo cominciamento fosse il toglierle la facoltà di crescer mai