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pensieri |
(2786-2787-2788) |
εἴδηκα.1 Non così di ἁρπάω al quale non può in nessun modo appartenere. Che se i grammatici fanno questa voce ἁρπυῖαι proparossítona, scrivendo ἅρπυιαι: 1°, Non tutti cosí fanno, e vedi Schrevel e Forcellini in Harpyiae: 2°, Può ben essere che questa voce sia proparossítona ne’due luoghi dell’Odissea, e in quello della Teogonia (verso 267) ne’quali è usurpata per antonomasia, come vuole il Visconti che sia nell’Odissea, o per nome appellativo, come è nella Teogonia: perciocché perduta la sua forma e significazione di participio, e ridotta a sostantivo (2787) e mutato uso, condizione e significato, non è maraviglia ch’esso muti l’accentazione come accade in altre mille parole. Ma tale ancora, ella si riconosce per un participio femminino, il quale non può venire se non da ἅρπω parossìtono, e non da ἁρπῶ, né da ἁρπάω nè da ἁρπάζω, e il cui mascolino sarebbe ἁρπὼς. E nel luogo delle iscrizioni triopee, dov’ella è aggettivo, io son d’opinione che vada scritta properispómena. Non so come la scriva il Visconti: la lapide non ha accenti. 3°, Ognun sa che in queste materie degli accenti, come in tante altre, non è da prestar gran fede ai grammatici che abbiamo, benché greci, e ch’essi sono stati corretti cento volte dagli eruditi moderni colla piú accurata osservazione dell’antichità, delle origini, delle derivazioni, delle analogie, della ragion grammaticale della lingua greca. E se ciò accade anche nelle cose che appartengono alla lingua di Tucidide o di Platone, quanto minor forza avrà un’obbiezione (2788) fondata sull’autorità di sempre recenti e semibarbari e poco dotti grammatici in materie cosí antiche, come è questa; nella quale poi in particolare i grammatici, secondo il Visconti, errarono nella stessa significazione della parola, pigliando per démoni alati, per tempeste, procelle, venti ec.
- ↑ Altri vogliono, ed è verisimile, che εἰδώς, ἑστώς, βεβώς ec. sieno participii preteriti perfetti medii. Vedi p. 2975 e la Scapula in Μέλει.