Pagina:Zibaldone di pensieri IV.djvu/96

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84 pensieri (2161-2162-2163)

lerare, e di affogare, addormentare, scuotere il dolore, in modo che di queste due qualità o affezioni o disposizioni si viene a fare uno stato bastantemente adattato alle emozioni sentimentali ed alla poesia ec.

Una insolita cagione d’allegrezza produrrebbe anch’essa, e molto meglio, simili  (2162) effetti, e piú veramente poetici, piú eloquenti ec. (24 novembre 1821).


*    Si vedono e si osservano tuttogiorno uomini di goffissimo e tardissimo ingegno, incapaci non solo di eseguire ec. ma d’intendere ogni altra cosa, essere sottilissimi, penetrantissimi, prontissimi ad intendere, abilissimi nelle cose di loro professione e mestiere, e in queste vincere i piú grandi talenti, anche quelli che nelle medesime cose sono abbastanza esercitati e periti. Che vuol dir ciò? quel misero ingegno pare assolutamente un altro nelle cose del suo mestiere, quantunque non comprenda nulla, non solo del resto, ma neanche di cose appartenenti alla stessa sfera della sua professione, nelle quali egli non sia esercitato. Ma dove egli è abituato intende alla prima perfettamente, ed eseguisce ec. tutto l’occorrente, ancorché si tratti  (2163) di qualche novità, dentro il piccolo spazio delle sue cognizioni. Vuol dire che l’ingegno umano non è che abitudine, le facoltà umane pure abitudini, acquistabili tutte da tutti, benché piú o meno facilmente, con piú lunga o piú corta assuefazione. Vuol dire che quel tale si è fin da fanciullo o lungamente esercitato ed abituato in quel genere di cognizioni e di abilità, e deve quest’abilità alle pure circostanze che gli hanno proccurato quell’assuefazione. Giacché suppongo che non si vorrà stimare innata e naturale in un falegname la facoltà di maneggiare perfettamente il suo mestiere ad esclusione di ogni altra facoltà. E sarà necessario supporre in lui nient’altro che una disposizione naturale, capace