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(2810-2811-2812) pensieri 7

sito (23 giugno 1823). Se accuso è quasi accauso, tanto e tanto è da notare questo continuativo, che sarà quasi accausito, dal participio accausatus.  (2811)


*   Alla p. 2775. Il verbo δείδω che oggi si pone come tema, non è certamente che reduplicazione di un tema piú semplice, il che è dimostrato sí dalla voce δέος, sí dal verbo δίω presso Omero, sí dalla voce δεῖσJαι usata piú volte da Plutarco per temere. 1 Anche in latino titillo è fatto per duplicazione da τίλλω. E altre tali duplicazioni alla greca si trovano pure in latino (come quelle de’ perfetti memini, cecidi ec.) sieno veramente latine di origine, o greche, o comuni anticamente ad ambe le lingue, ec. ec. (23 giugno 1823).


*    Institutum autem eius (Moeridis in Ἀττικιστῇ) est annotare et inter se conferre voces quibus Attici, et quibus Graeci in aliis dialectis, maxime illa κοινῇ utebantur; interdum notat et κοινὸν vulgi, illudque diversum facit non modo ab Attico sed etiam ἑλληνικ, ut in ἐξίλλειν, εὐφήμει, κάJησο, λέμμα, οιδίπουν, οἶσε, σχέατον. Fabricius Bibliotheca Graeca, edit. vet,. l. V, c. 38, § 9, num. 157, vol. IX, p. 420 (23 giugno 1823).


*    Alla p. 2776, margine. Lo stesso discorso si può fare di βαΰζω, il quale è pur verbo esprimente un suono, e fatto per imitazione di questo suono; il qual suono come è similissimo a quello di βαὑω, cosí non ha niente che fare con βαΰζω. Ma questa e simili interposizioni della lettera ζ  (2812) e d’altre tali sono state fatte o per evitare l’iato o per altre diverse cagioni, nel processo della lingua, quando già non v’era piú bisogno che il vocabolo, per essere inteso, esprimesse e rappresentasse collo stesso suo

  1. Κάρχαρος, χαρχαρέοι, καρχαρίας da χαράσσω per reduplicazione, ὀπιπτεύω da ὀπτεύω. βέβαιος da βαίνω o da βέβαα. Vedi p. 4109.