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312 pensieri (3314-3315)

damentoe ragione dell’arte sua (31 agosto, domenica, 1823).


*    Alla p. 3298. Un uomo (o donna) di carattere naturalmente pacifico, placido, quieto, riposato, ordinato, inclinato a una certa pigrizia, è per natura portato all’egoismo. Quanto piú l’uomo o per indole e condizion primitiva, o per effetto dell’età, o per istanchezza del mondo, per disinganno ec. ama il riposo, la pace, l’ordine, l’uniformità della vita, è lontano dal calore, dai desiderii vivi, dai disegni vasti o impetuosi, o fervidi, o attivi ec. è dedito all’inazione, al metodo; anzi quanto piú egli è tollerante delle ingiurie e degli stessi patimenti per debolezza d’animo o di corpo o d’ambedue, quanto è piú disposto e solito di rinunziare al risentimento, di chinare il capo alle circostanze, alla necessità, di sacrificare e di posporre qualunque cosa alla conservazione della sua quiete interna ed esterna e della sua inattività; quanto piú l’uomo è vile e codardo; quanto piú suole appagarsi del presente, soddisfarsi di ciò che gli accade, pigliar le cose come vengono; tanto meno egli è disposto e solito di sacrificarsi o adoperarsi  (3315) per altrui; tanto meno è accessibile alla compassione, tanto piú è inclinato e tanto piú ha d’egoismo. L’abitudine dell’ozio in qualsivoglia età è sempre conciliatrice d’egoismo. Insomma, per tutte queste osservazioni, e per qualunque altra si voglia fare intorno ai vari caratteri degli uomini, apparisce, e sempre apparirà, che la natura dell’egoismo è un ghiaccio dell’animo; un freddo, un congelamento, una quasi concrezione, una durezza o un indurimento, una secchezza o un disseccamento dell’amor proprio, una povertà, una scarsezza di vita; una inattività effettiva o un’inclinazione alla medesima ec.; o naturale o avventizia che sia, o morale o fisica, o l’uno e l’altro, o portata dalla nascita e cresciuta poi e confermata coll’assuefa-