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406 pensieri (3469-3470-3471)

diversa da quella, come osserva Aristotele nel secondo de’ Politici, p. 106-16. Utopie furono quelle di Filea Calcedonio (Aristotele, Politic., l. II, ed. Victorii, Florent. p. 117-26), e d’Ippodamo Milesio (ib., p. 127-35), Utopia è quella d’Aristotele (vedi il Fabricio).1 E senza  (3470) fallo Utopie furono ancora i libri politici e peri nomon o nomoi di Teofrasto, di Cleante e d’altri tali filosofi, mentovati dal Laerzio, e i perduti libri pur politici e peri nomon dello stesso Aristotele, e molti altri siffatti.2 Aristotele spianta le repubbliche degli altri, ma, né piú né meno che in filosofia, si crede in obbligo di sostituire, e ci dà la sua repubblica e il suo sistema.3 E cosí gli altri. Ed è pur notabile che gli antichi, e nominatamente i greci, o avevano o avevano avuto in mano gli affari pubblici, o potevano averli, o certo, ancorché stati sempre privati, erano pur parte delle rispettive repubbliche, e contribuivano insieme col popolo al governo. E generalmente parlando, nelle antiche repubbliche, tutte libere, i privati, ancorché dediti solo a filosofare e studiare, erano piú al caso, se non altro per li continui discorsi giornalieri, per lo essersi trovati assai spesso alle concioni, perché i negozi pubblici passavano tutti e succedevano sotto gli occhi di tutti, e le cause degli avvenimenti erano manifeste, e nulla v’avea di segreto;  (3471) erano, dico, al caso d’intendersi veramente di politica, e di poterne ragionare per pratica, molto piú che i moderni privati non sono, i quali si trovano e si son trovati, per lo piú, in circostanze tutte opposte, e

  1. Pare che anche Eraclide Pontico scrivesse de optimo statu civitatis, senza però aver mai trattato le cose pubbliche. Vedi Cicerone, ad Quint. fratr., III, ep. 5; Victor. ad Aristot. Polit., p. 171. Meurs., t. V, p. 114, B-C, t. VI, p. 270, F.
  2. Cosí le πολιτεῖαι di Diogene Cinico e di Zenone. Vedi il Laerzio e la prefazione del Vettori alla politica d’Aristotele, p. 3, verso il fine. Qua spetta ancora la Ciropedia. Vedi ivi, p. 5.
  3. Ed Aristotele era pur de’ piú devoti all’osservazione, tra’ filosofi antichi.