Pagina:Zibaldone di pensieri VI.djvu/292

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(3910-3911) pensieri 287

ternadell’uomo, si è venuto primieramente a riconoscere e supporre nell’uomo una parte nascosta e invisibile che i primitivi o non supponevano affatto o molto leggermente, e poco distintamente dalla parte visibile e sensibile; poscia a considerarla altrettanto quanto la parte esteriore: poi piú di questa, e di mano in mano tanto piú, che oggimai nell’uomo e in ciascuno individuo umano, se la natura non ripugnasse (la quale all’ultimo  (3911) non può mai totalmente essere né spenta né superata) non altro quasi si considererebbe che l’interiore, e per uomo non s’intenderebbe in nessun caso altro che il suo spirito. Ora, in proporzione di questa spiritualizzazione delle cose e della idea dell’uomo, e dell’uomo stesso, è cominciata e cresciuta quella spiritualizzazione dell’amore, la quale lo rende il campo e la fonte di piú idee vaghe, e di sentimenti piú indefiniti forse che non ne desta alcun’altra passione, non ostante ch’esso e in origine, e anche oggidí quanto al suo fine, sia forse nel tempo stesso e la piú materiale e la piú determinata delle passioni, comune, quanto alla sua natura, alle bestie ed agli uomini i piú bestiali e stupidi ec. e che meno partecipano dello spirito. Fino a tanto che giunta in questi ultimi tempi al colmo la spiritualizzazione delle cose umane, è, si può dir, nato a nostra memoria, o certamente in questi ultimi anni si è reso per la prima volta comune quell’amore che con nuovo nome, siccome nuova cosa, si è chiamato sentimentale; quell’amore di cui gli antichi non ebbero appena idea, o che sotto il nome di platonico apparendo talora in qualche raro spirito, o disputandosene tra’ filosofi e gli scolastici, è stato finora riputato o una favola e un ente di ragione e chimerico, o un miracolo e cosa ripugnante alla universal natura, o un impossibile, o una cosa straordinarissima, o una parola vuota di senso, e un’idea confusa; e veramente ella è stata, si può dir, tale finora, cioè confusissima e