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Pagina:Zibaldone di pensieri VII.djvu/337

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328 pensieri (4389-4390)

napoletano non ha bisogno che il lettore gli traduca quei poemi, ma che gl’intende da se. In questo modo quei poemi si possono dir veramente pubblicati (22 settembre 1828). Vedi p. 4408.


*   Si dice con ragione che quasi tutta la letteratura greca fu ateniese. Ma non so se alcuno abbia osservato che questo non si può già dire della poesia; anzi, che io mi ricordi, nessun poeta greco di nome (eccetto i drammatici, che io non considero come propriamente poeti, ma come, al piú, intermedii fra’ poeti e’ prosatori) fu ateniese. Tanto la civiltà squisita è impoetica (22 settembre 1828). Però, chi dice che la letteratura greca fiorí principalmente in Atene, dee distinguere, se vuol parlar vero, ed aggiungere che la poesia al contrario. ec. (22 settembre 1828).


*    Chi presentandomi o raccomandandomi o parlando di me a qualcuno, uomo o donna, ha detto: mio grandissimo amico, grande ingegno, dotto ec. ec., non ha fatto nulla. Ci mancava la gran parola. Chi ha detto: uomo celebre, mi ha proccurato accoglienze e distinzioni e ricerche. Fama ci vuole, e non merito. Anche qui si verifica quello che ho detto altrove, la sola fortuna fa fortuna. Celebre equivale  (4390) a ricco, nobile, potente, dignitario, ed altre fortune simili (22 settembre 1828).


*    L’eroismo ci strascina non solo all’ammirazione, all’amore. Ci accade verso gli eroi, come alle donne verso gli uomini. Ci sentiamo piú deboli di loro, perciò gli amiamo. Quella virilità maggior della nostra, c’innamora. I soldati di Napoleone erano innamorati di lui, l’amavano con amor di passione, anche dopo la sua caduta: e ciò malgrado quello che aveano dovuto soffrire per lui, e gli agi di cui taluni godevano dopo il suo fato. Cosí gli strapazzi che gli fa l’amato, infiammano l’amante. E similmente tutta la Francia