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Pagina:Zola - Nana - Pavia - 1881.pdf/264

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un’ altra che stava con un amante, il quale se ne faceva mallevadore, faceva la donna onesta oltraggiata, parlava d’ intentare un processo al “prefetto di polizia.

Durante quasi un’ ora, vi fa un rumore di scarpacce sugli scalini, di porte scosse da pugni poderosi, di acute querele, soffocate nei singhiozzi, nei fruscii di gonne rasenti il muro» tutto il risveglio brusco e chiassoso, e la partenza scompigliata d’ un branco di donne, brutalmente imballate da tre agenti, sotto la condotta d’ un piccolo commissario biondo e cortesissimo. Poi l’albergo ricadde in silenzio completo.

Nessuno l’ aveva tradita, Nana era salva. Rientrò in camera a tastoni, tremante di freddo, morta di paura. I suoi piedi nudi facevano sangue, lacerati dal graticcio. Per un pezzo restò seduta sulla sponda del letto, origliando. Verso 1’ alba, però, s’addormentò; ma alle otto, quando si destò, fuggì dall’ albergo e corse dalla zia.

Quando la Lerat, che appunto aveva preso in quel mo— mento il suo caffè e latte con Zoè, se la vide comparire a quell’ora, ridotta come un cencio, il viso sconvolto, indovinò subito la cosa.

— Ci siamo, eh! gridò lei. Te lo aveva ben detto io ch’ei ti strapperebbe Ja pelle del ventre... Orsù, entra, tu sarai sempre la ben venuta in casa mia.

Zoè si era alzata, mermorando con una rispettosa famigliarità:

— Finalmente, la signora ci è resa... Io aspettava la signora,

Ma la Lerat volle che Nana abbracciasse subito Gigino, perchè, diceva lei, la saviezza della madre era la felicità di quel bambino. Gigino, malaticcio, povero di sangue, dormiva ancora. E quando Nana si chinò sul suo visino pallido e scrofoloso, tutti i suoi crucci di quegli ytimi mesi le ritor= narono in mente, ed un gruppo la strinse alla gola, la soffocava. ) — Oh! povero mio piccino! poverino mio balbettò lei in un ultima crisi di MOGIABAIO/SI: aut