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Pagina:Zola - Nana - Pavia - 1881.pdf/299

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guadagni nelle ore di confusione, quando c’erano corbellerie da riparare. Allora i regali piovevano, ed essa pescava dei luigi nel torbido.

Una mattina che Muffat era ancoTa in camera, e che Nana entrava nello spogliatoio, Zoè v’introdusse un uomo tutto tremante.

— To! Zizì? fe’ Nana stupefatta.

Era Giorgio infatti. Vedendo la bella in camicia, coi capelli d’oro sparsi sulle spalle nude, le gettò le braccia al collo, coprendola di baci. Essa sgomentata, si dibatteva, soffocando la voce, e balbettando:

— Finiscila, egli è là. È una stoltezza.... E voi, Zoè, siete pazza? Conducetelo via! tenetelo d’abbasso; procurerò di scendere.

Zoè dovette spingere Giorgio dinanzi a lei.

Giù, nella sala da pranzo, quando Nana potò raggiungerli, li sgridò entrambi.

Zoò strinse le labbra e se n’andò dicendo con far indispettito che aveva creduto di far piacere alla signora.

Giorgio intanto guardava Nana con tal estasi cha i suoi begli occhi erano pieni di lagrime. Le disse che i giorni infausti erano ormai passati, che sua madre credendolo rinsa vito, gli aveva concesso di partire, e che egli appena alla

stazione aveva preso una carrozza per giungere più presto dalla sua diletta. Parlava di viver sempre con lei, come alla Mignotte, quando l’aspettava a piedi nudi nella sua camera.

Involontariamente nel narrar quella storia, allungava le dita, pel bisogno di toccar Nana dopo quell’annata di separazione crudele; afferrava le sue mani, frugava nelle ampie maniche della veste da camera, risaliva sino alle spalle.

— Ami sempre il tuo Bebè, eh? diceva colla sua voce da bimbo.

— Certo che l’amo! rispose Nana, liberandosi con un brasco movimento. Ma caschi dal cielo senza gridar «badate!...» Sai pure, carino, che io non sono libera! Bisogna esser savio.

Giorgio, sceso di carrozza, nel trasporto di gioia d’un desiderio finalmente esaudito, nen aveva nemmeno badato al

’luogo dove andava.