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Pagina:Zola - Nana - Pavia - 1881.pdf/432

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dell’allegria. Poi il pensiero di quel vecchio che se ne andava in una vettara da nolo, mezzo morto, e del suo povero bestione, che non rivedrebbe più, dopo averlo tanto torturato, le cagionò un principio di malinconia sentimentale.

In seguito, la si era arrabbiata udendo della malattia di Satin, scomparsa da una quindicina, e in via di crepare all’ospitale Loriboisière, tanto madama Robert l’aveva malconcia,

Mentre faceva attaccare per andare a vedere ancora una volta quella piccola sudicia, Zoè le aveva dato tranquillamente i suoi otto giorni.

A quel colpo, la si disperò; le sembrava di perdere qualcheduno della sua famiglia. Mio Dio! che cosa sarebbe di lei, così sola?

E supplicava Zoòè, la quale, lusingata dalla disperazione della signora, finì coll’abbracciarla, per mostrarle che non partiva in collera con lei; era necessario, il cuore si faceva in faccia agli affari.

Ma quel giorno pareva proprio il giorno delle disdette, Nana, piena di malumore e infastidita, non pensando più ad uscire, si trascinava nel salotto, allorchè Labordette, salito per parlarle di un’affare d’uccasione, dei merletti magnifici, si lasciò sfuggire fra due frasi, senza proposito, che Giorgio era morto. Èssa restò agghiacciata.

— Zizi! morto! gridò.

E il suo sguardo, con moto involontario, cercò sul tappeto la macchia sanguigna; ma quella se n’era andata, finalmente: i piedi l’avevano cancellata. Frattanto Labordette dava ragguagli; non si sapeva precisamente: gli uni parlavano di una ferita riapertasi, gli altri raccontavano d’un suicidio, un tonfo del ragazzo in uno stagno delle Fondette. Nana ripeteva:

— Morto! morto!

Poi, la gola serrata fin dal mattino, ella scoppiò in singhiozzi, si sfogò. Era una tristezz& infinita, qualche cosa di profondo e d’immenso che la opprimeva. Labordette, avendo voluto consolarla a proposito di Giorgio, essa gl’impose silenzio colla mano balbettando: