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Pagina:Zola - Nana - Pavia - 1881.pdf/435

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“si ha ben ragione di accusar gli uomini di poco cuore!... «Chissà, non la troverò forse più. Non importa, -chiederò il permesso di vederla. Voglio abbracciarla.

Labordette e Mignon sorrisero. Essa non era più tristà; sorrise anche lei, poichè quei due non contavano; potevano -capire. Ed entrambi l’ammiravano, mentr’ ella finiva di ab bottonarsi i guanti. Essa rimaneva sola, in piedi, in mezzo alle ricchezze ammucchiate nel suo palazzo, con un popolo d’uomini abbattuti a’ suoi piedi. Come quegli antichi mostri, il cui temuto dominio era coperto “di ossami, ella poggiava i piedi su crani; la circondavano catastrofi, la vampata furiosa di Vandeuvres, la melanconia - di Foucarmont perduto nei mari della China, il disastro di Steiner ridotto a vivere da galantuomo, l’ imbecillità soddisfatta di La Faloise, il tragico -crollo dei Maoffat, e il bianco cadavere di Giorgio, su cui ve gliava Filippo, uscito il dì innanzi dalla prigione. La sua opera di rovina e di morte era compita, la mosca volata via dal mondezzaio dei sobborghi, portando seco il fermento della putredine sociale, aveva avvelenato quegli uomini, solo col posarsi su di essi. Era legittimo, era giusto: essa aveva vendicata la sua casta, i pezzenti, i derelitti. E mentre il suo «sesso saliva in una gloria e raggiava sulle vittime cadute, simile ad una levata di sòle sovra un campo di stragi, ella conservava la sua inconscia indifferenza di bestia stupenda, ignorante del suo operato, bonaria sempre, grossa, grassa, di ana salute e una gaiezza ammirabili.

Tutto quel passato non contava più; il suo palazzo le sem.brava scimunito, troppo piccolo, ingombro di mobili che la scomodavano. Poco male, non sì trattava che di rifar da capo. E infatti, ella sognava già qualche cosa di meglio; e “partì in gran lusso per andare ad abbracciare Satin un’ ultima volta, pulita, robusta, coll’aria di roba nuova, come se mon fosse stata mai adoperata.