Pagine politiche/Un triduo prima del combattimento

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Un triduo prima del combattimento

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Un triduo prima del combattimento1
Fratelli d'Italia La battaglia è cominciata


In tutte le grandi intraprese i primi auspici debbono trarsi dalla Divinità. «Ab Jove principium» diceva la sapienza politica degli antichi, ed i nostri padri del medio evo nulla intraprendevano di rilevante nelle cose pubbliche se non dopo d’aver invocato la protezione di colui che tutto può.

Anche noi prima di sobbarcarci sotto il peso d’una tanta guerra quale si è quella bandita adesso dal voto nazionale, si doveva instillare anche nel cuore del Popolo minuto le convinzioni della santità di questa guerra coi riti augusti della Religione.

Il Re od i suoi figli avrebbero dovuto recarsi nelle primarie città del Reame e quivi tra le pompe miste di religioso e di militare avrebbero dovuto ricevere il giuramento dei Popoli di voler cacciati i barbari al costo degli ultimi sacrifici.

Questo avrebbe santificato ancor piú ai loro occhi la divina causa dell’indipendenza nazionale, e li avrebbe sospinti cosí a tutta l’esaltazione ed all’eroismo della difesa.

A ciò che non fecero i supremi reggitori dello Stato provvedevano, in parte, nella loro città, i reggitori del nobile Municipio di Genova.

Ieri sera, sul loro avviso che un triduo sarebbesi iniziato onde ottenere da chi dispone dall’alto della sorte delle nazioni, la fortuna delle nostre armi e il cruento riscatto dell’Italia, un Popolo immenso raccoglievasi nelle vaste navi della Basilica di San Lorenzo. In questo tempio dove gli antichi cittadini di Genova si congregavano a Popolo onde deliberare sulle piú grandi faccende della Repubblica; in questo tempio che aveva risuonato tante volte del grido di guerra, dei cantici di ringraziamenti e di trionfo per la vittoria dei loro padri, i figli chiedevano devotamente al Dio della libertà, al Dio protettore degli oppressi che li salvasse da una nuova cattività di Babilonia, che li restituisse a quella dignità di nazione per cui li aveva creati, che loro concedesse la vittoria contro coloro che avevano trucidato i bambini, stuprate le vergini, profanati i vasi santi, fatto pascere ai cavalli, sugli altari del santuario, Cristo in Sacramento.

Nel mezzo dei sacri riti ascese sulla tribuna religiosa il padre Giuliani, e disse al Popolo calde parole di Religione e di Patria.

In mezzo alla quasi oscurità, la sua voce risuonava in mezzo ad un silenzio profondo, nel vano di quel vasto tempio come se scendesse dal cielo, ed operava nel cuore degli astanti un effetto profondo.

In sulla fine del suo discorso disse: «I principii sono verità eterne che costituiscono la natura delle cose, che discendono direttamente da Dio. Il principio dell’indipendenza e della libertà italiana emana anch’esso da questa pura, da questa santa sorgente: chi combatte per questo, combatte per la religione, combatte per Iddio. I nemici d’un tale principio, coloro che opprimono e che conculcano la nostra Patria potranno avere per loro il numero dei battaglioni, il terrore delle artiglierie, l’impeto dei cocchi e dei cavalli; ma per l’Italia sta il braccio di Colui davanti il quale i pochi e i molti sono l’istessa cosa. Coll’unione dei fratelli, colla potenza di questo braccio, non dubitate, noi vinceremo, e l’Italia, sí, l’Italia sarà salva».

Queste parole infondevano una confidenza, un entusiasmo meraviglioso; noi abbiamo sentito gli uomini del Popolo ripetere tacitamente: «sí, o nostro Dio, noi vinceremo, sí, l’Italia sarà salva».

Poco dopo la mano del sacerdote sollevò dall’altare l’Ostia consacrata a benedir la moltitudine.

Era un grande, edificante, commovente spettacolo.

Quel Dio che atterra e suscita, col segno di quella croce che aveva redenta la terra dalla servitú, benediva coloro che, credenti in Dio e nel Cristo, gli chiedevano la redenzione della lor patria.

I Popoli prostrati l’adoravano profondamente.

Sebbene fosse presente una moltitudine di migliaia, pure vi era un silenzio di solitudine e di religione profonda, solo interrotto dai vari tuoni dell’organo e dai grandi tocchi delle campane che annunziavano ai presenti e ai lontani la benedizione di Dio.

In quel solenne momento nel tempio non solo, ma nelle strade, nel raccoglimento delle mura domestiche, e persino sul letto dei dolori ogni cuore erasi sollevato alle regioni della vita e della speranza, erasi raccolto nella elevazione di un sol voto.

Cosí pochi momenti prima della battaglia di Legnano la intrepida gioventú del battaglione della morte, si prostese colla fronte per terra davanti il Dio protettore della libertà dei Popoli, ne invocò devotamente, ferventemente l’aiuto e quindi sorta ferocissimamente a brandire le spade si precipitò con tale impeto sui padri dei nostri oppressori che determinò la vittoria e preludiò alla pace memoranda di Costanza.


Note

  1. Il Pensiero Italiano (anno II, n. 72), Genova, 24 marzo 1849.