Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/260

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[p. 349 modifica] raccendono l’entusiasmo; e non trattando né rappresentando altro che la morte, le rendono, almeno momentaneamente, quella vita che aveva perduta. E cosí quello che veduto nella realtà delle cose accora e uccide l’anima, veduto nell’imitazione o in qualunque altro modo nelle opere di genio (come per [p. 350 modifica]per esempio nella lirica, che non è propriamente imitazione), apre il cuore e ravviva. Tant’é, siccome l’autore che descriveva e sentiva cosí fortemente il vano delle illusioni, pur conservava un gran fondo d’illusione, e ne dava una gran prova col descrivere cosí studiosamente la loro vanità (vedi p. 214-215), nello stesso modo il lettore, quantunque disingannato e per se stesso e per la lettura, pur è tratto dall’autore in quello stesso inganno e illusione nascosta ne’ piú intimi recessi dell’animo ch’egli provava. E lo stesso conoscere l’irreparabile vanità e falsità di ogni bello e di ogni grande è una certa bellezza e grandezza che riempie l’anima, quando questa conoscenza si trova nelle opere di genio. E lo stesso spettacolo della nullità è una cosa in queste opere, che par che ingrandisca l’anima del lettore, la innalzi e la soddisfaccia di se stessa e della propria disperazione (gran cosa e certa madre di piacere e di entusiasmo e magistrale effetto della poesia, quando giunge a fare che il lettore acquisti maggior concetto di se e delle sue disgrazie e del suo stesso abbattimento e annichilamento di spirito). Oltracciò