<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/298&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20130712192127</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/298&oldid=-20130712192127
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 298 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 374modifica] quale il vecchio è libero, la tempesta del mondo, della società, degli affari, delle azioni, degli stessi diletti, quella tempesta nella quale il giovane, anche dopo averla sospirata in mezzo alla noia, sospira il riposo e la calma. Anzi è certo che lo stato naturale è il riposo e la quiete, e che l’uomo anche piú ardente, piú bisognoso di energia, tende alla calma e all’inazione continuamente in quasi tutte le sue operazioni. Osservate ancora che la vita metodica era quella dell’uomo primitivo, e la piú felice vita, non sociale, [p. 375modifica]ma naturale. Osservate anche oggidí l’impressione che fa l’aspetto di essa vita rurale o domestica, nelle persone piú dissipate o piú occupate, e com’ella par loro la piú felice che si possa menare. È vero che ella ordinariamente è tale quando consiste in un metodo di occupazioni, e tale era nei primitivi, e nei selvaggi sempre occupati ai loro bisogni, o ad un riposo figlio e padre della fatica e dell’azione. Ma in ogni modo l’uomo avvezzandosi anche alla pura inazione, ci si affeziona talmente che l’attività gli riuscirebbe