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Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/3253

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[p. 274 modifica] s’accosti a dolcezza, e sia per questa parte l’estremo delle pronunzie settentrionali, alle meridionali piú vicino. O volessimo piuttosto dire che le pronunzie greca e latina sieno medie tra l’italiana ch’é la piú meridionale, e la francese, che non è né ben meridionale né per anco settentrionale. Le lingue orientali, la greca moderna, la turca, quelle de’ selvaggi e indigeni d’America sotto la zona, parlate e scritte in climi assai piú meridionali che quel d’Italia o di Spagna, sono tuttavia molto men dolci dell’italiana e della spagnuola, e taluna anche delle settentrionali europee. Ciò per la rozzezza o per la acquisita barbarie de’ popoli che l’usano o che l’usarono, per li costumi aspri e crudeli ec., antiche o moderne ch’esse lingue si considerino (23 agosto 1823).


*    Una lingua strettamente universale, qualunque ella mai si fosse, dovrebbe certamente essere di necessità [p. 275 modifica]necessità, e per sua natura, la piú schiava, povera, timida, monotona, uniforme, arida e brutta lingua, la piú incapace di qualsivoglia genere di bellezza, la piú impropria all’immaginazione, e la meno da lei dipendente, anzi la piú da lei per ogni verso disgiunta, la piú esangue ed inanimata e morta, che mai si possa concepire; uno scheletro, un’ombra di lingua piuttosto che lingua veramente; una lingua non viva, quando pur fosse da tutti scritta e universalmente intesa, anzi piú morta assai di qualsivoglia lingua che piú non si parli né scriva. Ma si può pure sperare che perché gli uomini sieno già fatti generalmente sudditi infermi, impotenti, inerti, avviliti, scoraggiati, languidi, e miseri della ragione, ei non diverranno però mai schiavi moribondi e incatenati