Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/4206

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*   Relativo ai mori bianchi, dei quali dico altrove, può essere anche quel luogo dell’antico romanziere Antonio Diogene (Fozio lo crede non molto posteriore ad Alessandro), il quale presso Fozio, cod. 166, col. 357, introduce la viaggiatrice Dercillide a raccontare ὡς περιπέσοι (αὐτὴ) ἀνθπρώπων πόλει κατὰ τὴω Ἰβηρίαν, οἵ ἑώρων μὲν ἐν νυκτί, τυφλοὶ δὲ ὑπὸ ἡμέραν ἑκάστην ἐτύγχανον (Bologna, 25 settembre 1826).


*    Alla pag. precedente. Si ammiri quanto si vuole la provvidenza e la benignità della natura per aver creati gli antidoti, per averli, diciam cosí, posti allato ai veleni, per aver collocati i rimedi nel paese che produce la malattia. Ma perché creare i veleni? perché ordinare le malattie? E se i veleni e i morbi sono necessari o utili all’economia dell’universo, perché creare gli antidoti? perché apparecchiare e porre alla mano i rimedi? (Bologna, 1826, 26 settembre).


*    Alla p. 4183. Questa novelletta, poiché per tale io la tengo, mi fa ravvisare una nuova somiglianza tra i costumi antichi e i moderni; cioè mi fa credere che i greci antichi inventassero degli esempi di ridicola e bestiale costanza da apporre agli spartani, come noi ne inventiamo di bêtise e di sciocchezza da apporre ai tedeschi e agli svizzeri (addietro tu e muro); come altri ne inventano di scelleraggine vile, feroce, traditrice e coperta, da apporre agl’italiani, ec.: insomma che gli spartani fossero per gli antichi belli spiriti, ed anche popolarmente nella opinione della Grecia, il soggetto di motteggi e di novelle, al quale si riportassero anche degli esempii veri, ma appartenenti ad altre persone; come noi italiani siamo il tipo della ferocia traditrice per altre nazioni ec. (Bologna, 26 settembre 1826). Vedi p. 4217. [p. 138 modifica]


*    È chiaro e noto che l’idea e la voce spirito non si può insomma e in conclusione definire altrimenti che sostanza che non è materia, giacché niuna sua qualità positiva possiamo noi né conoscere, né nominare