Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/994

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[p. 324 modifica] non poté mai la lingua né la potenza né la letteratura latina, lo potè, a quel che pare, in poco spazio, l’arabo e le altre lingue o dialetti maomettani (come il turco ec.), e cosí perfettamente, come vediamo anche oggidí. Ma la lingua latina, eccetto nella Magna Grecia e in Sicilia, non solo non estirpò, ma non prevalse mai in nessun modo e in nessun luogo alla lingua e letteratura greca, se non come pura lingua della diplomazia; quella lingua latina, dico, la quale nelle Gallie aveva, se non distrutta, certo superata quell’antichissima lingua celtica, cosí varia, cosí dolce, cosí armoniosa, cosí maestosa, cosí pieghevole (Annali ec., 1811, n. 18, p. 386; Notizie letterarie di Cesena, 1792, p. 142), e che al cav. Angiolini, che se la fece parlare da alcuni montanari scozzesi, parve somigliante ne’ suoni alla greca (Lettere [p. 325 modifica]Lettere sopra l’Inghilterra, Scozia ed Olanda, vol. II, Firenze 1790, Allegrini, in-8°, anonime, ma del cav. Angiolini; Notizie ec., l. c.); lingua della cui purità erano depositarii e custodi gelosissimi quei famosi Bardi che avevano e conservarono per sí lungo tempo, ancor dopo la conquista fatta da’ romani, tanta influenza sulla nazione, e massime poi la letteratura (Annali ec., loc. cit., p. 385-386, principio); quella lingua cosí ricca, e ogni giorno piú ricca, di tanti poemi, parte de’ quali anche