Piccola morale/Parte prima/III. Da opposte cagioni effetti conformi

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Parte prima - III. Da opposte cagioni effetti conformi, e di nuovo della certezza.

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Parte prima - III. Da opposte cagioni effetti conformi, e di nuovo della certezza.
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III.


DA OPPOSTE CAGIONI EFFETTI CONFORMI,
E DI NUOVO DELLA CERTEZZA.


Molte sono le vie che conducono a Roma, dice un proverbio; e potrebbesi soggiungere che da cagioni opposte succedono il più delle volte effetti del tutto conformi. A taluno è giovato il coraggio quel tanto che ad altri la codardia; l’ignoranza fu per Ambrogio quel che la scienza per Sebastiano. Gli uomini, che pur credono rendere conto a sè stessi della meta a cui tendono, dovrebbero assai spesso contentarsi d’intendere la via per cui s’incamminano. La più parte di noi interrogati: dove n’andate? potrebbe senz’altro rispondere: dove le gambe ci portano; e a chi soggiungesse: e con qual fine? con quello solamente di mutar passi e tirare innanzi. Non [p. 14 modifica]vogliamo con questo tessere l’apologia della spensieratezza e dell’imprudenza tutte le proposizioni hanno due facce, sia presa la nostra unicamente dal lato di rendere gli uomini meno sicuri delle regole loro suggerite dal proprio intendimento, e meno maravigliati di que’ subitani rivolgimenti con cui si compiace la fortuna di ridurre a nulla i meglio ordinati disegni.

Mi fermo ad un esempio molto comune che ho parecchie volte considerato, e sempre con certo senso di maraviglia. All’udire alcuni uomini abbracciati con tutta la volontà ad una idea che li possiede parrebbe che non potessero rimanerne distolti per forza di ragioni che loro siano addotte in contrario. Considerando per una parte quella singolare fermezza, e per l’altra la titubazione ch’è propria degli uomini in generale, vorrebbesi conchiudere che una grande scienza e una grande certezza fossero cagione di quell’ammirabile immobilità. No signori: molte volte chi è meno certo di una proposizione, chi è men provveduto delle cognizioni necessarie a comprenderne la falsità o la giustezza, è quegli che si mostra più caparbio ed irremovibile. Onde ciò? Da varii motivi secondo i varii casi, spesse volte da parecchi di que’ motivi ad un tempo. V’ha chi non intende la forza dell’obbiezione che gli viene fatta, e si attiene al principio contrario soltanto perciò che gli penetrò nel cervello anteriormente. Altri intende le obbiezioni, ma diffida [p. 15 modifica]del proprio giudizio; ossia non si sente animo di condurlo ad atto, simili a coloro cui sembra in sogno di essere inseguiti e non possano muovere un piede a fuggire. La condizione di cotestoro è pur deplorabile! Si attengono a un solo ramo, forse il più fragile dell’albero e pendente sur un precipizio, e quando sentono ch’esso comincia a spiccarsi dal tronco, anzichè afferrarne altro, si stringono più fortemente a quel primo a costo di rovinare con esso. Torniamo a ripeterlo, sono pur deplorabili quest’infelici!

I loro discorsi hanno sempre il ritornello di quella idea a cui non possono mai sottrarsi, corno fosse un prestigio. Parlate con un pedante di drammaturgia, vi dirà per primo che ci vogliono le unità. Mostrate ad esso che ci sono delle unità arbitrarie, che fanno contro all’ordine naturale delle cose, udrete soggiugnervi: che ci vogliono pur sempre delle unità; provatevi a ripigliare ch’egli e appunto per amore della vera verità che volete sceverare da essa quanto v’è di fittizio, il pedante, come aveste contraddetto il suo principio, non rimarrà di ripetere: senza unità non v’è bello, il bello non può mai scompagnarsi dall’unità. Di simili ritornelli ne udrete ad ogni poco, solo che vogliale badare ai discorsi che fannosi comunemente. Dopo reiterate osservazioni ho conchiuso di non prestare gran fede alla dottrina di chi mi parla colla ricorrenza continua della medesima idea. Egli è come di chi ha [p. 16 modifica]sempre in bocca onestà e compassione: quando fai qualche contratto con essi provvediti del miglior causidico che abbia la contrada; e se ti accade di esser colto da qualche infortunio non battere mai alla loro porta.

È falsa regola per giudicare della certezza generata in noi da una data proposizione il coraggio e la pertinacia con cui da noi si difende la proposizione suddetta. Questo coraggio e questa pertinacia sono all’incontro indizio molte volte del dubbio che ci travaglia. Non sono soliti di camminare solleciti per istrada, battendo i piedi o zufolando, quelli che a notte tarda non vanno senza paura? Fate conto che i nostri acerrimi difensori di proposizioni, che non hanno ben inlese, zufolano e pestano i piedi potentemente, perchè altri gli creda convinti di ciò intorno a cui essi medesimi sanno di non esserlo punto. Da queste riflessioni deve essere nata quella sentenza, che chi in una questione ingiuria e schiamazza mostra di starsene dalla parte del torto. Sarebbe strano l’udire taluno il quale dicesse a tal altro con cui disputasse: vossignoria difende la propria opinione con tanta imperturbalità e confidenza, che mi farehbe sospettare che non ne fosse del tutto persuasa. Eppure un tal discorso, che nell’apparenza, confessiamo, avrebbe dello strano, sarebbe molte volte verissimo nella sostanza! Dunque, risponderà più d’uno, la verità vuol essere difesa con esitazione e quasi [p. 17 modifica]balbettando? No, mai; ma quanti sono i casi nei quali possiamo credere di avere propriamente la verità dalla nostra parte? Oltrechè, come abbiamo fino da principio notalo, quanto diciamo si vuol prendere con discrezione, e come discorso di chi si pone al pericolo di toccare un estremo col solo fine di ritirare le genti dall’estremo opposto.