Poesie (De Amicis)/Sopra una culla

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SOPRA UNA CULLA. ../In casa del curato ../Grandinata IncludiIntestazione 29 ottobre 2010 100% Poesie

In casa del curato Grandinata
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SOPRA UNA CULLA.


I.

Sono tre giorni che ha ’l visetto bianco
E gira l’occhio illanguidito e lento,
E non cerca la madre, e leva a stento
Le braccia dimagrate e il capo stanco.

Parla, dottore; — dimmi aperto e franco
La triste verità ch’io già presento;
E tu cessa l’inutile lamento
Mia dolce amica — e stringiti al mio fianco.

È grave? — .... Assai? — .... C’è da temer la morte?
Ebbene, amica, — qui, contro al cor mio,
E opponiamo al dolor l’anima forte.

Ma no! non posso! mi si spezza il core!
Ho bisogno di piangere! Mio Dio,
Pietà! M’uccido se il mio bimbo muore!

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II.

Bambino mio, cos’hai? cosa ti senti?
Sorridi — guarda — moviti — respira;
Non vedi il padre tuo, qui, che delira?
Non le senti le sue lagrime ardenti?

Non lacerarmi il cor co’ tuoi lamenti!
Oh dottore — soccorrilo — egli spira;
Vedi come già trema, e come gira
Gli sguardi stralunati e semispenti.

Che aspetti dunque? Di parole vane
Non è più tempo! Salvalo, per Dio!
Prova! Tenta! non hai viscere umane?

Ah no! perdona, io son pazzo, lo vedi;
Ma salva da la morte il bimbo mio,
E bacierò l’impronta de’ tuoi piedi!

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III.

Come ha già il volto smorto ed affilato,
Povero bimbo, povero angioletto!
Ah per pietà, coprite quel visetto;
Non lo posso veder così mutato.

Appena appena gli si sente il fiato
Ed un leggiero tremito nel petto;
Sembra già morto — ha già mutato aspetto;
Ha chiuso gli occhi — è immobile — è diacciato.

Dottore! Amica mia! Ma dunque è vero!
Egli morrà! Lo porteranno via!
Porteranno il mio bimbo al cimitero!

Il mio bimbo! il mio cor! Ma rispondete!
Dite che è un sogno della mente mia,
O mi spezzo la fronte alla parete!

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IV.

Che? — C’è speranza ancor ch’egli non mora?
Non è la tua pietà — dottor — che mente?
È salvo se fra un’ora si risente?
Se fra un’ora il suo volto si colora?

Un’ora! Un’ora eterna! Un’ora ancora
Per vederlo morir più lentamente!
Ma prima sarò anch’io morto — o demente,
O invecchierò di trenta anni in quest’ora.

Ebben — coraggio — starò qui prostrato,
Muto — aspettando colle braccia in croce
Che il mio povero bimbo sia spirato.

Ed aspetta anche tu — cara — pregando:
Non alzar contro Dio l’incauta voce;
Inginocchiati qui.... te lo comando!

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V.

Pietà, tremendo Iddio! Pietà, Signore!
Nel santo nome de la madre mia,
Pietà del mio bambino in agonia,
Non rapite quest’angelo al mio core.

Io, redento dal pianto e dal dolore
Vivrò una vita santa, umile e pia,
E non avrò più senso che non sia
Bontà, dolcezza, pentimento, amore.

E se è fermo nel vostro alto consiglio
Ch’egli debba morir — ch’io non intenda
La voce che dirà: — non hai più figlio!

Datemi, eterno Iddio, questo conforto;
Ch’io non la senta la parola orrenda,
Ch’io resti prima o forsennato o morto.

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VI.

Povero core! Povero bambino!
Era un angiolo d’anima e d’aspetto;
Pareva un fiore, — e qualche riccioletto
Gli usciva già di sotto al cuffiettino.

La notte, lo cullavo — e sul mattino
Venía — nudo e ridente — nel mio letto,
E sgambettando mi puntava al petto
E contro il volto il suo rosso piedino.

Ed ogni sera — in lui rapito — chino
Teneramente sul suo bianco nido,
Gli coprivo di baci il corpicino;

E in mezzo ai baci mi fuggía dal core
Un gemito, un singhiozzo, un riso, un grido,
E cadevo in ginocchio ebbro d’amore.

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VII.


Addio, mia bella visïon fuggita,
Bel sogno mio svanito sull’aurora,
Larva adorata che brillasti un’ora
Sul deserto cammin de la mia vita!

Non tutta ancor l’anima mia smarrita
Può intender il dolor che la divora;
Ancor vaneggio; non lo sento ancora
Tutto lo strazio de la mia ferita.

Avrò per sempre il mio bimbo morente
Dinanzi agli occhi — , ed il mio labbro muto
Cercherà la sua fronte eternamente.

Arte, fede, avvenir, gloria, fortuna,
Speranze, gioventù, — tutto è perduto;
Tutto è morto e sepolto in questa cuna.

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VIII.

No! non lo credo! Tu m’inganni! Giura
Che dici il vero! Per pietà, dottore,
Non lacerarmi un’altra volta il core,
Non ti far gioco de la mia sventura!

È uno scherno crudel de la natura!
È un vano inganno! È un sogno mentitore!
È salvo? Vive? Vive ancor? Non muore
Ah! la povera mia mente s’oscura!

Indietro tutti — , via da me, — lasciate
Ch’io profonda sul mio santo angioletto
Questa piena di lacrime infocate!

Ride! Parla! Mi guarda! Eterno Iddio,
Che il grande nome tuo sia benedetto!
Mio figlio è salvo — l’universo è mio!