Poesie (Francesco d'Altobianco Alberti)/LXIV

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LXIV

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LXIII LXV

Sonetto del Burchiello mandato a Francesco Alberti

 
Compar, s’io non ho scritto al comparatico,
non è rimaso per ingratitudine,
ma per troppi pensier d’amarititudine,
che diventar m’han fatto un uon salvatico.

E divenuto son arcilunatico
ed ho perduta la consüetudine
di dir lo ’ngegno, l’arte e l’attitudine,
di che esser solevo già sì pratico.

Ma, se Iddio ab etterno ci diliberi
da Goro Lenzi importuno e spiacevole
e da le chiose de’ sua scuri libri,

chiarirmi questo dubbio quistionevole
priego che ti disponga e ti diliberi,
difficile a me rozzo e maestrevole.

E a te fia agevole:
che cosa è quel che spesso uno è in due
e mangiasi una volta e caca due?


Risposta di Francesco Alberti al Burchiello

 
Compare, il tuo quesito matematico
si masticò fra queste capitudine,
e fu rimesso con gran prontitudine
a giudizio de’ saggi a Pazzolatico.

Concluson tutti, se l’omor flematico
misto è nel corpo ove sia ripletudine,
ch’a lo sgombrar fia poca dolcitudine,
perché ’l vento ch’abonda esce rematico.

Ser Goro il pruova or che convien s’allibri,
balzando e più noti convenevole,
ma cupo ha ’l fondo come l’acqua in Tibri.

Atteggia e ghigna e contraffà il piacevole,
ma no’ han tanti buchi adosso i cribri,
quant’e’ sare’, potendo, rincrescevole.

Burchio dolze amichevole,
sappi che l’uovo e ’l mèle ognun è in due
e mangiansi una volta e schizzan due.