Poesie (Francesco d'Altobianco Alberti)/XXXII

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XXXII

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XXXI XXXIII

 
Io non so s’io mi sogno o pur son desto,
tante e sì varie cose apparir veggio,
ch’io temo il mal, ma dubito di peggio,
ch’ognun s’asetta e lascia andare il resto.

E chi sa giucolar me’ del capresto
colui più corre e ha miglior riseggio,
e tanto andrà così, s’io non motteggio,
che quel ch’è in dubbio un dì fia manifesto.

L’etcetere son fatte pei notai
e ’l senno dopo al mal cresce tristizia,
ma ravedersi è me’ tardi che mai.

Aprite gli occhi, e bisogna a dovizia,
ché trappole e lacciuol son tesi assai
per torvi via da riposo e letizia.

Purghisi la malizia
del forte tempo e con gli animi uniti,
o carestia ci fia di buon partiti.