Primo maggio/Parte quinta/II

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Parte quinta - II

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La buona vecchia, quando intese la cosa, diede una esclamazione di gioia, stringendosi contro il petto la sua inseparabile crocetta d’oro. La vera cagione del proposito d’Alberto essa non la poteva assolutamente capire, le pareva una stravaganza inammissibile. Certo, egli aveva addotto quel pretesto per nascondere il suo vero pensiero, per un sentimento d’orgoglio, forse, per rispetto umano: non poteva esser altro. Ah, il suo bravo Alberto ritornava alle idee di religione! Qual consolazione per lei! Ma già, l’animo disposto alla fede, per bontà, l’aveva avuto sempre; ci doveva ritornare per forza, presto o tardi; ma così presto non l’aveva sperato. E senza badare alle spiegazioni contraddittorie della figliuola, corse subito da lui, e si congratulò con grande affetto, accarezzandolo come un fanciullo.

- Oh mio buon Alberto! - gli disse - n’ero ben sicura che non avresti durato un pezzo in quelle idee contrarie alla religione, con quella gente perduta che vuole spogliar tutti, distrugger tutto! Non puoi immaginare come sono contenta!... Ma tu vuoi far troppo, vedi; tu ti fai del danno alla salute... e questo non è bene; tu dai un dolore a Giulia... Oh figliuol mio caro, come sei buono! Tu hai ridato la pace alla casa!

Alberto fu commosso da quella ingenuità, e passando una mano sui capelli bianchi della suocera, le disse dolcemente, col rammarico di toglierle un’illusione:

- No, mamma, t’inganni. Io non ho cambiato idee. Ma chi t’ha detto che sono idee contrarie alla religione? Sono idee nate dall’amore del bene, da un sentimento di giustizia e di pietà per i propri simili. Il fine del socialismo non è forse di sopprimere la miseria, di migliorare le condizioni del lavoro, di togliere la maggior parte degli uomini da uno stato di vita infelice, che corrompe l’infanzia, smembra le famiglie, e conduce tanta gente all’abbiezione, all’odio, al delitto? cara mamma, il socialismo non vuole spogliare, vuole che non si spogli, e una sola cosa tende a distruggere: il male.

- Ma, figliuol mio, per far questo basta esser cristiani!

- Certamente! Ma per esser cristiani davvero bisogna mutare lo stato presente delle cose, che è la negazione del cristianesimo. Come possiamo esser cristiani, come possiamo esser tutti fratelli, fin che siamo costretti, per vivere, a lottare accanitamente gli uni con gli altri, e disputarci il posto, il pane, il centesimo? Come ci possiamo creder cristiani fin che viviamo nell’agiatezza, in mezzo a tanta gente, che maledice la vita, che s’ammazza per disperazione o muore di stenti, che vive, come ha detto un cardinale, a modo delle bestie, senza aver neppure il tempo di pensare all’anima, o la possibilità di condursi secondo la legge di Dio? Credi che per esser veri cristiani basti il dare ai poveri, come noi facciamo, il superfluo del nostro superfluo? Non è evidente che bisogna cercar di migliorare stabilmente le condizioni di tutti, a prezzo di qualunque sacrifizio? Fin che non verremo a questo, noi non faremo che ripetere delle massime del Vangelo, di cui non comprendiamo neppure più il senso, e che dicono appunto l’opposto di quello che facciamo... No, noi non siamo cristiani. - E soggiunse con un sorriso: - E nemmeno lei, cara mamma... Ma io voglio esserlo, e lo sarò, anche se dovessi vivere perseguitato e morire infelice.

La signora Paola rimase stupefatta di quelle parole, e più di veder negli occhi d’Alberto due lacrime. E gli domandò premurosamente: - Ma tu credi, non è vero?

- Io spero -, rispose Alberto, con profonda dolcezza.

E allora essa si passò la mano sulla fronte dicendo con un misto di scoraggiamento e di rammarico: - Non intendo... non posso intenderti bene...

E restò pensierosa, con gli occhi fissi, rivoltando nella mano la sua crocetta.