Primo maggio/Parte seconda/XII

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Parte seconda - XII

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Parte seconda - XI Parte terza

Ma il ritrovamento di quell’amica appassionata della sua stessa idea, la dolcezza vivissima che sentì per la prima volta nella comunione di quell’idea con l’anima gentile d’una donna, gli fecero parer più chiuso e più freddo il cuore di sua moglie e riuscir più molesta e meno tollerabile la sua opposizione. Tanto più che, senza uscire dalla sua abituale placidità, essa veniva mutando i modi della lotta, rivolgendogli osservazioni e domande, che gli facevan sospettare una suggestione diretta di suo padre. Pregato da lei, egli le lesse un giorno un brano del suo libro: essa approvò; ma a un certo punto disse: - Non ti pare che questo sia troppo?... Oh Giulia -, rispose lui - come può esser troppa la pietà per dei ragazzi che si sformano le ossa al lavoro? - Essa arrossì, e non disse altro. Un’altra volta gli domandò: - Non parli mica delle tue idee alla scuola, non è vero? Non ne parlerai mai, voglio credere. - E gli tenne il broncio per il "no" asciutto ch’egli rispose. Un altro giorno gli domandò se fosse in relazione coi giornalisti della Quistione sociale - Sì -, rispose egli - col Rateri, un uomo onesto e di grande ingegno. -

- Non dico di no... Solo che tu non veda quell’orribile donna!

- Maria Zara?... Non le ho mai parlato. Ma non è la donna che immagini. La tua Angiola Lariani la stimerebbe.

- Oh, non dir questa bestemmia! - rispose la signora, mettendogli la sua bella mano sulla bocca.

Egli s’ostinò: non poteva consentire in una calunnia. E questa volta ella non parlò più per tutto un giorno. Così, a grado a grado, s’andava inasprendo il contrasto.

Poi, tutt’a un tratto, si raddolcì e cessò di stuzzicarlo; ma quando egli ne indovinò la cagione, ne fu più irritato che del contrasto. Gli era ripullulata l’idea, espressale dalla signora Cambiasi, di cui prima aveva riso, che il mutamento di suo marito potesse essere un principio d’alienazione mentale. Egli lo sospettò prima da certe domande che gli faceva, con accento amorevole: - Come t’è venuta la prima idea di questo mutamento?... forse l’anno scorso, non è vero, quando hai avuta l’influenza? - Poi se n’accertò per l’attenzione insolita con cui lo guardava, per la cura che metteva a non contraddirlo in nulla, per l’atto di riflessione con cui pareva che pesasse certe sue frasi, per l’accento nuovo, pieno di sollecitudine, con cui, ad ogni sua parola un po’ viva, gli ripeteva quel suo eterno: - Non t’alterare! -, che l’alterava peggio che nel passato.

Ma, rassicuratasi intorno alla pazzia, essa ritornò all’assalto ben presto, a proposito d’una frase: - L’industria fondata sull’infanticidio -, che aveva letta, lui assente, nel suo manoscritto: lo consigliò di cancellarla con parole calde e argomenti, che ad Alberto non parvero spuntati nella sua testa, ma usciti da quella di suo padre. Andava dunque a riferire a lui i brani del libro che leggeva, per pigliare l’imbeccata? Non osò di dirglielo; ma non n’ebbe dubbio, e questo pensiero lo conturbò profondamente. Dopo quel giorno, egli vide sempre dietro a sua moglie il viso del suocero, gli parve di averlo appiattato dietro le spalle mentre scriveva, lo prese in ira più acerbamente di prima, e cominciò a spunzecchiarlo e a malmenarlo nella discussione con la moglie. Allora le discussioni diventarono più acri, i bronci più durevoli, le riconciliazioni meno sincere. Frattanto, per effetto di questo crescente disaccordo, di cui il ragazzo si rattristava, egli intoppava nel proprio lavoro, ci faceva doppia fatica, lo tralasciava e lo riprendeva di malanimo, parendogli di non lavorare in casa sua, di essere spiato, minacciato, tradito; e sentiva il suo cuore e il suo ingegno alla tortura. Oh! Com’era diverso il suo stato da quando scriveva sotto il sorriso amoroso di sua moglie, e andava a quetare l’eccitazione dello spirito e a premiar l’opera propria tra le sue braccia, e le alitava le sue idee nella bocca, e ricavava dal suo amplesso nuova forza di fantasia e nuove squisitezze di sentimento! Assuefatto da tanti anni a quella intima unione del lavoro artistico e dell’amore, egli sentiva di non poter più lavorare senz’essa, odiava quasi chi glie l’aveva spezzata, e ne cercava un’altra con l’immaginazione, che gli riportava davanti continuamente lo stesso viso. Ed era un piccolo viso bruno, con un neo sulla guancia e due occhi neri fiammanti, che, fissando i suoi, si velavano.

Infine, tanto si tese la corda che si strappò. Un giornale della sera annunziò l’opuscolo che egli stava scrivendo, accennandone lo spirito in senso assai più apertamente socialista di quello che non fosse. Era il primo annunzio pubblico che si facesse del suo lavoro. Sua moglie, quella sera, era andata col ragazzo a desinare dal Commendatore. Quando rientrò in casa, sull’imbrunire, Alberto la vide turbata, e ne capì il perché: aveva inteso commentar l’annunzio da suo padre. Glielo domandò: - T’ha spaventato la notizia del giornale, non è vero? Tuo padre è andato in collera?

- Papà non c’entra -, rispose - Ma sono impensierita. Questo lavoro ti comprometterà... comprometterà la famiglia.

Alberto sorrise con amarezza.

- Non ti dar pensiero di questo - disse - Per ciò che riguarda tuo padre, egli non avrà che da dire ai suoi amici: - Badate, signori, questi sentimenti generosi son di mio genero, non sono i miei. - E sta sicura che gli crederanno.

- Certo, gli crederanno -, rispose la signora - Ma il male è che condanneranno te.

- Eh! Io m’infischio di quelli che possono essere gli amici di tuo padre!

Ma si pentì subito di quelle parole. Essa fece un atto risentito e disse: - Vedi, che cosa si guadagna al contatto di certa gente! Ne hai già preso il linguaggio volgare; poi ne prenderai i sentimenti!

Alberto non aveva ancora rifiatato da questo colpo che s’aperse l’uscio e comparve il suocero, col giornale in mano, con un viso oscuro e solenne..

- È vera questa notizia? - domandò, mostrando il foglio.

- È vera -, rispose Alberto, alzando il capo.

Quegli stette un momento in silenzio; poi disse: - Avevo inteso parlare di questa pubblicazione, ma credevo che fosse un proposito, che non avresti mai messo in atto. Sarà dunque fatta. E il libro è scritto nel senso accennato dal giornale?

- È scritto nel senso della verità e della giustizia.

Il suocero sorrise. Poi disse serio: - E tu credi ch’io permetterò una tale pubblicazione?

- Che me la permetterà?... Ma non può impedirla che il Procuratore del re.

- Ma Alberto! esclamò sua moglie, con voce commossa - non hai altre parole?

- Sta bene -, disse il suocero -, fa pure. Io aspetto a vedere il libro per crederci. Quando lo vedrò... so già quel che avrò da fare.

- Farà quel che vorrà. Io non temo che la mia coscienza.

- Addio, Giulia -, disse il vecchio, e s’avviò per andarsene. Quando fu sull’uscio, si voltò e disse in accento di compassione sdegnosa: - La coscienza non val più niente quando la ragione se n’è andata.

Alberto fece un passo avanti per vibrare la sua risposta; ma incontrando lo sguardo spaventato del ragazzo, si contenne.

Uscito suo padre, la signora incrocicchiò le mani con forza e le torse, esclamando: - O mio Dio! Questa non è più vita! È un supplizio che non posso più tollerare!

E si lasciò cadere sul sofà, singhiozzando, mentre Alberto andava verso la finestra, doppiamente offeso dalla ingiuria di suo padre perché essa non diceva una parola per attenuargliene il senso.

Ma la signora balzò in piedi e s’asciugò gli occhi in fretta udendo annunziare la Luzzi.

Questa entrò vivace ed allegra; ma mutò viso, indovinando la burrasca.

- Capito a sproposito? - disse dolcemente - che cosa c’è? - E guardando l’uno e l’altro: - Ah! - esclamò con un sorriso -, la quistione sociale!

Quella sua intuizione non stupì né il marito né la moglie poiché sapevano anche troppo che la signora Bianchini dissertava sui loro discorsi con tutti gli amici, vantandosi che avrebbe aggiustato ogni cosa con l’autorità sua.

- Sì, è questo -, rispose Alberto alla, Luzzi oggi come sempre. Mi faccia la grazia lei, che ha buon senso, di far intender la ragione a mia moglie, e libererà due anime dall’inferno!

La signora Luzzi mandò due lampi dagli occhi e si mise subito all’opera; sedette sul sofà accanto all’amica, e prese a ragionarla con voce piena di dolcezza e con un’arte finissima, che nascondeva a maraviglia il suo scopo intimo, opposto a quello palese.

- Ma, cara Giulia, fatti una ragione. Se hai delle idee diverse da quelle di tuo marito, lascialo almeno libero di professare le sue. Egli è uno scrittore, ha una missione da compiere; tu non lo devi intralciare. Non dovresti essere invece la sua confidente, e sostenerlo nelle lotte a cui si prepara? Perché egli va incontro a dei dispiaceri, a che serve dissimularselo? a calunnie, a inimicizie accanite, e avrà bisogno di conforto. Il tuo dovere è di accompagnarlo per la via su cui s’è messo per impulso del cuore e della coscienza, a qualunque danno lo possa condurre, fosse anche a una grande disgrazia; anzi tanto più se questo fosse!

- Ma ho dunque ragione io che prevedo tutte queste cose! - esclamò la signora Giulia levandosi in piedi, piangente e sdegnata. - E tu mi consigli di non oppormi? - Ma s’arrestò, vedendo che il ragazzo ascoltava - Un momento -, disse piano all’amica - conduco Giulio di là: egli non deve sentir queste cose: ne ha sentito anche troppe! - E preso il ragazzo per mano, uscì dalla stanza con lui, asciugandosi gli occhi.

La signora Luzzi andò alla finestra dove stava immobile Alberto, che le disse: - Ebbene?

- Ebbene -, rispose la signora con gravità triste e pietosa - è inutile. Non riesco che a far peggio. È buona come un angelo, lei lo sa meglio di me; ma in queste cose... È inutile, non comprende, non può comprendere la sua idea. Se la comprendesse, buona com’è, ci si attaccherebbe con tutte le sue forze, perché non si può fare altrimenti, quando s’è compresa, e bisogna darle l’anima e il sangue.

Alberto fu scosso da quelle parole come da un bacio sulla bocca.

- Conosco una donna che la comprende - disse sommessamente.

- È forse la sola -, rispose la signora sottovoce.

Gli occhi azzurri di Alberto e gli occhi neri di lei s’incontrarono in quella luce crepuscolare e si fissarono per un momento con una forza che fece impallidir tutti e due. E gli occhi neri dissero: - Se mi prendi, son tua - E gli occhi azzurri risposero: - Ti prendo.

La dichiarazione parlata, la titubanza obbligatoria, l’insistenza, il consenso e l’accordo si compirono nei giorni successivi a precipizio, come le formalità legali d’un contratto fra due persone che si son già intese su ogni punto da un pezzo.