Primo maggio/Parte sesta/XIII

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Parte sesta - XIII

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Ma da quegli affetti lo distolse ben presto una corrente d’ira suscitata dai primi effetti del suo violento articolo. Questo era uscito la sera prima, e tornando all’albergo, egli vi trovò già delle lettere anonime piene di atroci ingiurie -, una lettera d’un amico, che non vedeva da anni, che gli esprimeva, sotto colore di consigli, una oltraggiante commiserazione - il giornale in una busta, lacerato, con minaccie scritte in margine - e quando venne l’anarchico a prenderlo, dopo avergli detto: - Ha sentito; come mordono? - gli mostrò un giornale della sera, dove, senza complimenti, con un larvato invito al Procuratore del re, gli erano preconizzate le manette. Come svaniscono presto i propositi di disprezzo delle calunnie e delle persecuzioni! Le ire e gli odi che aveva accumulati da tanti giorni, gli si risollevarono nell’anima, e lo fecero urlar dentro. Oh egli non aveva l’eroica forza di quell’ammirabile Zara! Egli aveva bisogno di reagire e di vendicarsi! E cercando il come, uscì con Baldieri. Con la tempesta suscitatagli dentro da queste cose, egli andò a fare il giro con l’anarchico, un giro che doveva far tutt’altro che quetarlo. Il Baldieri, naturalmente, portava i soccorsi a operai bisognosi disoccupati del suo partito, e fra questi, ai più affini alla sua natura. Egli vide dunque in questa gita, le stesse miserie, bensì, della mattina, ma uomini che le sopportavano in tutt’altro modo, e che esprimevano l’animo loro in tutt’altra forma da quelli della mattina. Trovò delle teste in cui i patimenti, invece di smorzare le idee abituali, le avevano esaltate; facce in cui lampeggiava l’ira e il lungo rancore e l’odio; udì propositi di vendetta, enunciati coi pugni per aria; voci e bestemmie di uomini in cui si sentiva l’imminenza d’una reazione violenta; che, se si fossero trovati insieme in una piazza, sarebbero passati immediatamente a una sommossa sanguinosa, a qualunque rischio, anche con la certezza di farsi uccidere. Qualche volta solo la presenza del Baldieri lo salvò da parole dure. Due o tre rifiutarono sdegnosamente il soccorso da lui. Egli vedeva per la prima volta a uno a uno, sparsi, gli elementi di cui si formano quelle sommosse disperate che, quando scoppiano, non si capiscono. E per quanto ci fosse preparato, ne fu turbato da prima. Ma ben presto vi trovò un conforto, una soddisfazione allo sdegno suo. Quell’ira, quegli odi erano una risposta, una minaccia indiretta a chi l’oltraggiava e l’odiava. Egli avrebbe voluto che quegli odiatori furibondi fossero migliaia, miriadi, un esercito intero, e che quella sera stessa si unissero e irrompessero a seminar lo spavento. I loro fremiti gli si comunicavano, alle loro parole faceva eco, il suo viso mutato rispecchiava i loro sentimenti, egli doveva durar fatica qualche volta a reprimere un sorriso di compiacenza feroce ad udirli. E il Baldieri pareva si rallegrasse delle sue parole, - lo osservava di sbieco con soddisfazione - aggiungeva esca al fuoco, con un’abilità d’inferno, scaldandosi sempre più egli medesimo. Attraversando una stradetta per fare un’ultima visita in una casa dove c’era una famiglia all’estremo, al lume d’un lampione, incontrarono il Calotti che andava alla vicina Società degli operai. Questi, passando, salutò e strinse la mano ad Alberto, dando un’occhiata diffidente al Baldieri, che sorrise con disprezzo. Poi, passato quello, - Come - gli domandò premendo - lei ha ancora relazione con quel cretino impostore?

Alberto non rispose. Salirono sotto i tetti, infilarono il corridoio delle soffitte. Qui nemmeno c’era il gas. Nel buio, si sentivano voci lamentose di donne e irate d’uomini che si disputavano, e pianti di bimbi; sbattere usci; culle mosse. Dovettero cercar la porta accendendo dei fiammiferi. Picchiarono, rispose la voce d’una donna, che aperse. Ed entrarono nella oscurità. - Come - domandò il Baldieri - nemmeno più lume? - Un singhiozzo gli rispose: - No, nemmeno più lume. Egli, che aveva preveduto il caso, tirò di tasca un mozzicone di candela, l’accese, e dopo aver cercato, la pose sopra una seggiola. Uno spettacolo desolante s’affacciò agli occhi d’Alberto. Quella tomba in cui credeva ci fosse solo la donna, era popolata. Quattro ragazzi di varia età erano accucciati, come bestie, lungo le pareti, coi ginocchi stretti al petto, con la testa sulle ginocchia. Non c’eran più letti, - ma un pagliericcio in un angolo, e intorno paglia e cenci. La donna aveva un bimbo in seno, a cui dava il biberon. Il suo viso macilento era bagnato di lacrime, eppure vergognandosi dei suoi cenci, mostrò un sorriso quando vide Alberto. - E Pietro dov’è? - domandò Baldieri. - Non lo sapeva. Non lo vedeva dalla mattina avanti giorno. Era disoccupato da due mesi. Avevano venduto e impegnato tutto. Il dì prima avevano mangiato della polenta fredda. Dalla mattina non mangiavano. E scoppiò in singhiozzo - in un pianto stanco, rotto, secco, di stomaco sfinito e di cuore lacerato, d’un pianto di malata e di bambina, d’una tristezza infinita. Subito, da un angolo, s’alzò una ragazzetta di nove anni, lacera e smunta, che, presi i primi soldi, corse via a comprar da mangiare e una candela di sego; gli altri tre, rinforzati subito dalla speranza, s’alzarono e s’avvicinarono ad Alberto, con l’aria d’una gratitudine attonita, come a un’apparizione. - Ci eravamo anche ridotti al buio -, disse la donna - non avevamo più che da morire! - Ma il soccorso largo che le diede Alberto le destò una gioia che fece a lui anche più pietà del viso di prima, così miserando era il contrasto tra quel sorriso e il volto di martire su cui brillava. E la commozione le diede un bisogno di parlare, le fece uscire dalla bocca un torrente di parole affannose e rotte, che lo commossero anche più profondamente. Essa ripeteva parole intese dal marito. Già, non c’era lavoro pei metallurgici. Ma perché davan da fare i lavori fuori, mentre eran buoni da farli anche qui? Si sapeva bene che avrebbero fatto le macchine anche a più buon prezzo. È che c’era delle mangerie. E poi, se era vero che non sapevano, non dando mai lavoro, non avrebbero mai imparato. Ah! tutto andava male. Da una parte importavano qui manufatti che diminuivano la mano d’opera, dall’altra esportavano derrate alimentari che facevano rincarare i viveri... E come poteva campare la povera gente? E poi, perché non diminuivano l’orario negli stabilimenti del governo, per impiegar più operai? Qualche cosa avrebbero ben dovuto fare quando la povera gente moriva di fame. - E in quel dolore appariva pure sul viso di quella infelice una certa compiacenza di conoscere e di saper dire quelle ragioni, intese mille volte. E soggiunse con calore più forte: - E dicono che non c’è nulla da fare pei disoccupati. Non hanno dunque diritto di vivere? Ma li prendono bene soldati quando viene il loro turno di servire, non è vero? Me li prenderanno bene questi ragazzi, nonostante le tristi vite che hanno fatto e che faranno? Dov’è la giustizia, domando io? - Ma in quel punto ritornò la ragazza con un involto, e allora si vide uno spettacolo compassionevole. Tutti, tranne la madre, perdendo ogni ritegno, senza emettere una voce, vi tuffarono dentro le mani, frementi, tremanti, avidi, ansando, respingendosi a vicenda coi gomiti, e, afferrati i pani, come piccole belve che hanno afferrato il tozzo, si ritrassero agli angoli, come per celare la vergogna della loro fame brutale, voltati verso il muro, non facendo più sentire che il respiro affannoso, e lo sgretolio concitato dei denti, mentre la madre ansava d’un riso convulso, che faceva pietà. E Alberto non poté reggere, afferrò il capo del più piccolo rimasto accanto a sua madre col pane ai denti, gli baciò il capo due o tre volte, e poi uscì strozzato dal pianto.

- Ha visto -, gli disse il Baldieri per le scale, coi denti stretti. - E ci sono dei signori che negano l’esistenza di questa roba. Capisce? Non credono all’esistenza dei disoccupati. Dicono che è una favola, un’invenzione, fatta a scopo di partito. E citò l’asserzione del Cambiasi. Da lui stesso aveva inteso dire che dei signori al Circolo s’eran rifiutati a quella sottoscrizione, perché era una storia dei socialisti. Uno di essi, un signor Geri, un borsaiolo famoso, s’era anzi dichiarato pronto a dare i denari per qualunque altro scopo, a un ospedale, per esempio; ma non per dare ai fannulloni di che comprare i giornali socialisti e andar all’osteria a dir vituperi dei signori!

- Canaglia! - rispose Alberto - Canaglia! - pensando al Geri, e tutta l’ira e l’odio che aveva con gli altri, si appuntarono in quello solo, in un furioso bisogno di sfogarsi con lui, di vendicarsi di tutto su di lui, d’alleggerirsi una volta con lui della rabbia immensa che s’era accumulata nel suo cuore. E subito fermò un disegno. Giunti sotto un lampione, salutò bruscamente il Baldieri, dicendogli con un sorriso nervoso: - Buona notte. Vado a dir quattro verità a certi miei amici del Circolo.

Il Baldieri lo guardò, e vedendolo così alterato, dopo esser stato un po’ riflessivo, gli disse per la prima volta, a modo suo, fissandolo negli occhi, una parola che esprimeva benevolenza: - Lei va a cercar una quistione, vedo bene. Ma badi... dia retta a me: non serve a nulla. Lei fa il comodo loro. Ci vuol altro! Qualcuno di quei signori sarebbe troppo contento di metterle in corpo quattro dita di sciabola, per farla tacere per un pezzo.

Alberto non rispose, e infilò la via a grandi passi.