Ricordanze della mia vita/Parte terza/XXXVII. Delusione

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XXXVII. Delusione

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XXXVII

(Delusione).

Santo Stefano, ottobre (1855).

. . . Per l’affare di tua sorella Antonietta1 io non sapevo che pensare, e andavo strologando tante congetture. È stata una vera e grande disgrazia2 il danno sofferto, non per noi, che [non] possiamo aspettare, ma pel3 tempo che perde Antonietta, per altri danari che ella deve spendere, e per altre cure e pensieri che quella egregia donna dovrá avere. Io mi sento confuso per la pena che ella ha dovuto sentire per questo affare. Ora, essendosi differita la sua venuta, io ti prego di dire all’ottimo tuo zio4, se possiamo sapere approssimativamente quando ella potrá venire, se in gennaio, o in febbraio, o piú in lá: e questo lo dimando perché tu non puoi immaginare che febbre, che tortura mentale, che strazio di cervello è stato quello che io da quattro mesi ho sofferto e soffero per questo. Debbo io deporre questo pensiero, per ripigliarlo di poi? Ebbene: mi si faccia il favore di darmi un termine qualunque per acchetare un poco la smania che mi tormenta. Pel modo non ho nulla a cangiare: resta fermo ciò che è stabilito. Pel tempo deve indicarlo Antonietta: io sono sempre pronto. Se nasceranno ostacoli o novitá (che io non credo) te ne scriverò subito.

Quanto avrei voluto leggere proprio un cartellino scritto da Antonietta! ma non bisogna pretender troppo.

Seguita ad usare la stessa diligenza nel nascondere le lettere che mi mandi: il modo che tieni è ottimo. La visita è qui rigorosa, e fatta innanzi il comandante.


Note

  1. Antonio Panizzi. [N. di R. S.]
  2. La perdita della nave che doveva liberarlo. [N. di R. S.]
  3. Il testo ha: quel. [Nota dell'ed.]
  4. Sir William Temple. [N. di R. S.]