Vai al contenuto

Rime (Andreini)/Canzonetta morale V

Da Wikisource.
Canzonetta morale V

../Canzone III ../Sonetto LXXI IncludiIntestazione 2 marzo 2015 75% Sonetti

Canzone III Sonetto LXXI

[p. 77 modifica]

Felicissimo esser lo stato mediocre, e privato.

Canzonetta Morale V.


L’
Audace Figlio, che d’Apollo nacque

Regger volendo (mal accorto Auriga)
     Fuor del mezo sentier l’aurea quadriga
     Arse la terra, e fulminato giacque.
Quegli, che osò con l’incerate penne
     Spinto da folle ardir poggiar tropp’alto
     Cadendo fece il memorabil salto.
     L’altro nò, che più basso il camin tenne.
Guida Nocchier gran Nave, e ’l salso Regno
     Tutto cercando, vien da l’onde absorto.
     Salvo è colui, che non lontan dal porto
     Và radendo il terren con picciol legno.
Di caduta mortale oppresso rade
     Volte vedrem chi per lo pian trascorre.
     Ben quei si muor, che da sublime Torre,
     O d’alto Monte ruinofo cade.
Se ’l nostro sguardo penetrar potesse
     De i Re, c’huom chiama lieti il cor appieno
     Vedrebbe alhor come sovente sieno
     L’alte Magion da gran tormenti oppresse.
Gentil mio   Nori à che procuri stanza
     Trà tanti fasti? pur gli studi accorti
     Gli huomini fan. non fai, che ne le Corti
     Più fallace, che altrove è la speranza?

[p. 78 modifica]

Quivi è più ratto di Fortuna il giro,
     Che ’n altra parte; e col veloce moto
     Rende ogni bel pensier d’effetto voto
     Schernendo l’altrui speme, e ’l van desiro.
Di rado avvien, che tra le gemme, e l’ostro
     Posi Virtù; che rari son coloro
     A cui sia grato più ’l saper, che l’oro
     Colpa del cieco avaro secol nostro.
I gran Regi, e gli Augusti han sol contento
     D’esser possenti; e che lor forza estrema
     Riverente ciascuno inchini, e tema,
     Poi de l’esser temuti hanno spavento.
Fuggi le Corti ove menzogne, e frodi,
     Odio, & Invidia rivolgendo il tergo
     Al giusto, ed à la Fede, han preso albergo,
     E le proprie ricchezze in pace godi.
Riedi al tosco terreno, ove t’aspetta
     Dolce riposo. te chiaman le Dive
     Sì grate à Febo, te piangon le rive
     D’Arno, e d’amici saggia schiera eletta.
Là trà fiorite valli, e verdi poggi
     Al dolce suon de’ garruli augelletti
     Gusterai di virtù gli almi diletti,
     Ond’avverrà, ch’à maggior gloria poggi.