Rime (Andreini)/Canzonetta morale V
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Felicissimo esser lo stato mediocre, e privato.
Canzonetta Morale V.
Regger volendo (mal accorto Auriga)
Fuor del mezo sentier l’aurea quadriga
Arse la terra, e fulminato giacque.
Quegli, che osò con l’incerate penne
Spinto da folle ardir poggiar tropp’alto
Cadendo fece il memorabil salto.
L’altro nò, che più basso il camin tenne.
Guida Nocchier gran Nave, e ’l salso Regno
Tutto cercando, vien da l’onde absorto.
Salvo è colui, che non lontan dal porto
Và radendo il terren con picciol legno.
Di caduta mortale oppresso rade
Volte vedrem chi per lo pian trascorre.
Ben quei si muor, che da sublime Torre,
O d’alto Monte ruinofo cade.
Se ’l nostro sguardo penetrar potesse
De i Re, c’huom chiama lieti il cor appieno
Vedrebbe alhor come sovente sieno
L’alte Magion da gran tormenti oppresse.
Gentil mio Nori à che procuri stanza
Trà tanti fasti? pur gli studi accorti
Gli huomini fan. non fai, che ne le Corti
Più fallace, che altrove è la speranza?
Quivi è più ratto di Fortuna il giro,
Che ’n altra parte; e col veloce moto
Rende ogni bel pensier d’effetto voto
Schernendo l’altrui speme, e ’l van desiro.
Di rado avvien, che tra le gemme, e l’ostro
Posi Virtù; che rari son coloro
A cui sia grato più ’l saper, che l’oro
Colpa del cieco avaro secol nostro.
I gran Regi, e gli Augusti han sol contento
D’esser possenti; e che lor forza estrema
Riverente ciascuno inchini, e tema,
Poi de l’esser temuti hanno spavento.
Fuggi le Corti ove menzogne, e frodi,
Odio, & Invidia rivolgendo il tergo
Al giusto, ed à la Fede, han preso albergo,
E le proprie ricchezze in pace godi.
Riedi al tosco terreno, ove t’aspetta
Dolce riposo. te chiaman le Dive
Sì grate à Febo, te piangon le rive
D’Arno, e d’amici saggia schiera eletta.
Là trà fiorite valli, e verdi poggi
Al dolce suon de’ garruli augelletti
Gusterai di virtù gli almi diletti,
Ond’avverrà, ch’à maggior gloria poggi.