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Rime (Andreini)/Sonetti CLXXI-CLXXII

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Sonetti CLXXI-CLXXII

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Canzone VI Sonetti CLXXIII-CLXXIV

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DEL SIG. GABRIELLO CHIABRERA.

SONETTO CLXXI.


 

N
El giorno, che sublime in bassi manti

Isabella imitava alto furore;
     E stolta con angelici sembianti
     Hebbe del senno altrui gloria maggiore;
Alhor saggia trà ’l suon, saggia trà i canti
     Non mosse piè, che non scorgesse Amore,
     Nè voce aprì, che non creasse amanti,
     Nè riso fè, che non beasse un core.
Chi fù quel giorno à rimirar felice
     Di tutt’altro quà giù cesse il desìo,
     Che sua vita per sempre hebbe serena.
O di Scena dolcissima Sirena,
     O de’ Teatri Italici Fenice,
     O trà Coturni insuperabil Clìo.


Risposta.

SONETTO CLXXII.


L
A tua gran Musa hor che non può? quand’ella

Mè stolta fà de l’altrui senno altera
     Vittrice, ond’è, ch’ogni più dotta schiera
     Furor insano alto saver appella.
Queste mie spoglie, il canto, la favella,
     Il riso, e ’l moto spiran grazie; e vera
     Fatta (pur sua mercè) d’Amor guerriera
     Avento mille à i cor faci, e quadrella.

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Ma s’ella tanto con lo stile adorno
     Hà forza; in me col suo valor accenda
     Foco; onde gloria ne sfavilli intorno.
Per lei mio carme à nobil fama ascenda
     Chiabrera illustre; ed avverrà, che un giorno
     Degno cambio di rime anch’io ti renda.